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Ritardata assunzione, il risarcimento danni è in re ipsa: la prova non risulta necessaria

La Corte di Cassazione stabilisce che è sufficiente dimostrare la mancata tempestiva assunzione e la perdita delle retribuzioni per ottenere il risarcimento
 
 
 
 

4 DICEMBRE 2024

In tema di pubblico impiego, la Corte di Cassazione, sezione civile, lavoro, con la sentenza n. 28380 del 5 novembre 2024 ha chiarito che per ottenere il risarcimento danni da ritardata assunzione non è necessario dimostrare di essere stati disoccupati o di aver avuto un reddito inferiore nel periodo di mancata assunzione. È sufficiente provare il ritardo nell’attribuzione del posto di lavoro e la conseguente perdita delle retribuzioni spettanti.
 

Il caso

 
Nel 2008, un vincitore di concorso per agente di polizia municipale ha citato in giudizio un Comune veneto per il ritardo nell’assunzione, causato da un errato giudizio di inidoneità formulato da una commissione medica.
La Corte d’appello di Venezia, però, aveva respinto la domanda risarcitoria del lavoratore, ritenendo insufficiente la documentazione prodotta, consistente in una semplice attestazione dello stato di disoccupazione nel periodo del mancato impiego.
La Cassazione, ribaltando tale decisione, ha invece accolto il ricorso del lavoratore, sottolineando il ruolo cruciale delle responsabilità della Pubblica Amministrazione nella gestione del personale.
 
Il principio: il danno è in re ipsa
La Suprema Corte ha stabilito che il risarcimento non riguarda solo le retribuzioni e i contributi previdenziali non versati, ma anche tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, legati al ritardo nell’assunzione. Tra questi:
le spese sostenute in preparazione al nuovo lavoro;
i disagi psicologici derivanti dalla prolungata incertezza lavorativa;
eventuali costi affrontati per attività lavorative alternative.
Non è necessario, ha precisato la Corte, che il lavoratore provi esplicitamente la condizione di disoccupazione o un reddito inferiore. Basta dimostrare il danno derivante dalla mancata tempestiva attribuzione del posto.
 
Se il lavoratore ha percepito redditi da altre attività durante il periodo di mancata assunzione, questi (detti “aliunde perceptum”) possono essere detratti dal risarcimento. Tuttavia, è il datore di lavoro – e non il dipendente – a dover dimostrare l’esistenza di tali guadagni.
 
Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: il diritto all’assunzione tempestiva è tutelato in modo stringente. La Pubblica Amministrazione, in caso di ritardi ingiustificati, deve risarcire i danni senza gravare il lavoratore di oneri probatori eccessivi.
Un segnale forte, dunque, per il settore pubblico, chiamato a garantire maggiore trasparenza e responsabilità nel reclutamento e nella gestione del personale.