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Stabilizzazione dei precari, nuove direttive per la PA

Con parere della Funzione pubblica, protocollato il 29 febbraio 2024, viene introdotta una significativa novità: i periodi lavorati presso singoli enti che fanno parte di una gestione associata sono validi ai fini della stabilizzazione, indipendentemente dal monte ore effettivamente lavorate in ciascun comune
 
 
 

5 LUGLIO 2024

In un contesto lavorativo in cui la precarietà è spesso fonte di incertezza per molti lavoratori, un recente chiarimento riguardante la stabilizzazione del personale precario nelle pubbliche amministrazioni offre una ventata di speranza e chiarezza. La questione si concentra principalmente sui requisiti di anzianità di servizio necessari per la stabilizzazione, in base alle recenti interpretazioni normative.
 
La legge stabilisce che i lavoratori precari devono aver maturato trentasei mesi di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l’amministrazione che procede all’assunzione. Tuttavia, un importante parere della Funzione pubblica, protocollato il 29 febbraio 2024, ha introdotto una significativa novità: i periodi lavorati presso singoli enti che fanno parte di una gestione associata sono validi ai fini della stabilizzazione, indipendentemente dal monte ore effettivamente lavorate in ciascun comune.
 
Questa interpretazione deriva dalla complessità dei contesti associati di gestione, dove diverse entità territoriali collaborano per la fornitura di servizi, spesso condividendo risorse umane. Il decreto Madia (Dlgs 75/2017) e il più recente “decreto Assunzioni Pa” (Dl 44/2023) offrono alle amministrazioni pubbliche la possibilità di stabilizzare il personale, valorizzando l’esperienza e la professionalità acquisite nel tempo.
I dipendenti che possono beneficiare di questa opportunità sono quelli reclutati a tempo determinato attraverso procedure concorsuali, che risultano in servizio presso l’amministrazione interessata alla stabilizzazione dopo il 28 agosto 2015. È essenziale che tali lavoratori soddisfino i criteri specificati nella normativa, inclusa la permanenza nel ruolo per il periodo richiesto.
 
Questa nuova interpretazione ha lo scopo di facilitare la transizione verso un’occupazione più stabile e sicura, riconoscendo il valore del lavoro svolto in contesti di cooperazione tra comuni. Per gli operatori della pubblica amministrazione, questo significa un approccio più flessibile e inclusivo nella gestione delle risorse umane, assicurando che i meriti e l’esperienza non vengano trascurati a causa di tecnicismi burocratici.
In conclusione, queste direttive non solo promuovono una maggiore equità nell’ambito lavorativo pubblico ma incoraggiano anche una gestione più efficace e razionale del personale, con un impatto positivo sia per i lavoratori che per la qualità dei servizi offerti ai cittadini.