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Sulla spettanza dei buoni pasto ai dipendenti della Polizia di Stato

Solo per il caso di mancata completa sovrapposizione dei turni di lavoro con la fascia oraria del pasto, deve essere riconosciuto il diritto al buono pasto, il quale spetta quando il lavoratore inizia o termina il turno in orari che, tenendo conto dei tempi di percorrenza, non gli consentano di consumare il pasto presso la propria abitazione o dimora “nelle fasce orarie concordate”.

1 LUGLIO 2024

Nota a: TAR Sardegna, Sez. I, 24 giugno 2024, n. 481
 
Solo per il caso di mancata completa sovrapposizione dei turni di lavoro con la fascia oraria del pasto, deve essere riconosciuto il diritto al buono pasto, il quale spetta quando il lavoratore inizia o termina il turno in orari che, tenendo conto dei tempi di percorrenza, non gli consentano di consumare il pasto presso la propria abitazione o dimora “nelle fasce orarie concordate”.
 

Fatto


I ricorrenti, tutti appartenenti alla Polizia di Stato e in servizio presso il VII Reparto Volo, si sono rivolti a questo Tribunale per vedersi riconosciuto il diritto di percepire, in sostituzione del diritto alla fruizione del pasto, l’indennizzo per i pasti non fruiti per l’attività prestata dal gennaio del 2014, in quanto operanti in sede disagiata.
I ricorrenti riferiscono, in sintesi: di essere stati trasferiti, nel novembre del 2013, dalla sede di (Omissis) alla sede di (Omissis) e che per tutto l’anno 2014 detta ultima sede non era stata riconosciuta quale sede disagiata dal Ministero dell’Interno; che in data 15 gennaio 2015, con decreto n. 559/A/1/107.21/285 del Ministero dell’Interno, la sede di (Omissis) è stata riconosciuta come “sede disagiata” e che solo a metà del mese di marzo del 2015 è stata stipulata con una società la convenzione per la fruizione dei pasti, con il conseguente mancato riconoscimento del diritto al pasto per tutto il 2014 e per i primi due mesi e mezzo dell’anno 2015.
 
La decisione
Il ricorso è infondato.
 
Motivazioni
L’oggetto delle pretese in discussione è costituito dal riconoscimento degli indennizzi per i buoni-pasto non fruiti, ossia in pratica della spettanza degli importi asseritamente dovuti ai dipendenti in sostituzione del pasto che l’Amministrazione avrebbe avuto l’obbligo di erogare in loro favore mediante l’istituzione del servizio mensa obbligatorio.
Nel caso in esame, presupposto fondamentale per vedersi riconosciuto il diritto al pasto per i turni 7/14 e 14/22, è che la sede risulti inclusa tra quelle “disagiate”, così come disciplinate dall’art. 55 del d.P.R. n. 335/1985, il quale stabilisce che le sedi disagiate ove presta servizio il personale della Polizia di Stato siano individuate con decreto del Ministro dell’Interno, circostanza che nella specie si è verificata solo il 15.1.2015, con l’adozione del sopracitato decreto.
Di conseguenza, il mancato riconoscimento della sede di (Omissis), come sede disagiata per l’anno 2014, non ha consentito il riconoscimento del beneficio della mensa di servizio per il personale sì che, prima del 15.1.2015 non poteva considerarsi sorto alcun diritto al servizio mensa in capo ai ricorrenti.
Il Collegio osserva inoltre che il diritto al cosiddetto buono pasto nelle sedi disagiate, alternativo alla presenza di un servizio mensa, da assicurare anche mediante la stipula di convenzioni con altre Amministrazioni o Enti pubblici dello Stato che gestiscono una mensa per il proprio personale, o con esercizi privati, è stato disciplinato solo successivamente con la legge n. 205/2017 (legge di bilancio per il 2018). Questa legge, innovando la materia, ha previsto la possibilità di erogare il buono pasto giornaliero per le fattispecie disciplinate dall’art. 1, comma 1, lett. c) della legge n. 203/1989 (sedi disagiate), in presenza delle condizioni previste dall’art. 2, comma 1 della medesima norma (cfr. circolare prot. 454 dell’11.1.2018, doc. 4 della resistente).
Il comma 703 della predetta novella prevede che “Qualora ricorrano le condizioni previste dall’articolo 2, comma 1, della legge 18 maggio 1989, n. 203, nelle fattispecie disciplinate dall’articolo 1, comma 1, lettera c), della medesima legge, per il personale della Polizia di Stato e del Corpo della guardia di finanza, il Ministero dell’interno e il Ministero dell’economia e delle finanze sono autorizzati a provvedere tramite la concessione del buono pasto giornaliero. Il buono pasto di cui al primo periodo ha il medesimo valore di quello previsto per le condizioni di servizio disciplinate dall’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 18 maggio 1989, n. 203”.
Ne discende che nessun diritto al buono pasto può essere invocato prima dell’intervento di detta norma e, dunque, anche per il periodo che va dal 1° gennaio 2015 al 13 marzo 2015, data (quest’ultima) in cui è stato attivato il servizio mensa obbligatorio, i ricorrenti non possono vantare alcuna pretesa.
Peraltro, questa Sezione, con un proprio precedente (sentenza n. 429/2024), ha già avuto modo di chiarire che la scelta in ordine all’attivazione della mensa o al ricorso alle altre equivalenti modalità di erogazione del beneficio – avuto riguardo al concreto assetto organizzativo e alle risorse spendibili a tal fine -, ma anche la possibilità di definire la disciplina di dettaglio sulle modalità di erogazione e/o fruizione, è rimessa alla valutazione discrezionale dell’Amministrazione, al fine di evitare, proprio in considerazione dell’incidenza dei relativi costi sulla finanza pubblica, di concedere immotivatamente il beneficio in questione a chi, al di là del fatto di trovarsi nelle situazioni particolari considerate dalla legge, non soddisfa effettivi e concreti presupposti di fruizione, anche semplicemente per il fatto di svolgere il servizio in orari non deputati normalmente al consumo dei pasti o per il fatto che la sede di servizio, ancorché annoverata tra quelle c.d. “disagiate”, non gli preclude comunque, in considerazione dell’effettiva articolazione dell’orario di servizio, di fare rientro presso la propria abitazione in tempi ragionevoli per potere consumare il pasto (conf. anche T.A.R. Friuli-Venezia Giulia – Trieste, 21.2.2018, n. 42).
Ad ogni modo, una volta inserita la sede di (Omissis) tra le sedi disagiate, l’Amministrazione ha provveduto a erogare il servizio mensa previsto dalla legge affidandolo a un esercente privato.
Alla luce della normativa e delle coordinate ermeneutiche finora esposte, il Collegio ritiene che la pretesa dei ricorrenti di vedersi riconosciuto il diritto di percepire l’indennizzo per i pasti non fruiti nell’anno 2014 e nei primi due mesi e mezzo del 2015, con specifico riferimento ai turni diurni, non possa trovare accoglimento e vada pertanto rigettata.
In relazione al turno notturno 22/7 i ricorrenti lamentano invece la totale mancata fruizione del pasto a partire dal 1° gennaio 2014.
In proposito va premesso che, per le considerazioni sopra svolte, nulla può essere preteso prima del 15.1.2015, giacché la sede non era inclusa tra quelle disagiate, mentre per il periodo successivo, ossia dal 15.1.2015 fino all’introduzione della legge n. 205/2017 (che ha introdotto il buono pasto per le sedi disagiate), nessun diritto al cosiddetto buono pasto può essere riconosciuto, proprio in ragione del fatto che l’erogazione di detto beneficio per le sedi disagiate è stata introdotta con la legge di bilancio 2018 (l. 205/2017 cit.).
Ciò premesso, con riguardo al diritto al buono pasto in relazione all’espletamento del turno notturno, il Collegio non ha che da condividere e fare proprie le considerazioni svolte di recente da questa stessa sezione, con la sentenza n. 429/2024 sopra richiamata, relativa a una controversia analoga a quella odierna. La sezione, per quanto qui di interesse, ha affermato che “8.6.2. Il buono-pasto, peraltro, alla luce di quanto detto finora, non costituisce solo una compensazione di un esborso che il dipendente è tenuto a sostenere per assolvere ad una esigenza di servizio ma rappresenta anche, contemporaneamente, una modalità alternativa con cui l’Amministrazione datoriale assolve all’onere di dotare le proprie strutture di una mensa riservata ai propri dipendenti.
Ne consegue che le regole che devono guidarne la relativa corresponsione non possono prescindere dalle concrete modalità con cui è stato espletato il servizio cui è funzionale la relativa erogazione e, quindi, dalla considerazione delle fasce orarie in cui l’attività del dipendente è stata concretamente svolta (cfr. T.A.R. Lazio – Roma, Sez. V, 5 aprile 2022, n. 3964).
Da tali premesse discende che il concetto di orario giornaliero – applicato alla peculiare fattispecie dei buoni-pasto – deve ritenersi sovrapponibile a quello di giornata lavorativa, equiparabile alla giornata solare, nelle fasce orarie in cui le mense obbligatorie di servizio sono solite operare, per il pranzo e la cena, dovendosi escludere, quindi (e invece), il diritto all’indennità per i turni di servizio notturni.
Il beneficio in questione, pertanto, non può spettare al dipendente che svolga servizio in orari non deputati normalmente al consumo dei pasti, così come non spetta – in un’ottica di par condicio “rovesciata” rispetto a quella sottesa alla difesa di parte ricorrente – ai dipendenti per i quali la sede di servizio non precluda, in considerazione dell’effettiva articolazione dell’orario di servizio, di fare rientro presso la propria abitazione in tempi ragionevoli per poter consumare il pasto negli orari in cui questo solitamente è consumato (cfr. T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 21 febbraio 2018, n. 42).
In tal senso, del resto, si è espressa anche la giurisprudenza del giudice civile, affermando che solo per il caso di mancata completa sovrapposizione dei turni di lavoro con la fascia oraria del pasto, deve essere riconosciuto il diritto al buono pasto, il quale spetta quando il lavoratore inizia o termina il turno in orari che, tenendo conto dei tempi di percorrenza, non gli consentano di consumare il pasto presso la propria abitazione o dimora “nelle fasce orarie concordate” (cfr. Cass. civ., Sez. Lav., 19 giugno 2023, n. 17518).
Di talché non merita accoglimento l’argomentazione svolta dei ricorrenti secondo cui, per il sol fatto di operare in sedi disagiate, la fruizione gratuita del vitto, diversamente da quanto accade per le fattispecie previste dall’art. 1, comma 1, lett. a) e b) della l. n. 203/1989, spetterebbe al personale impiegato – contrariamente a quanto stabilito dal Questore di Nuoro – a prescindere dalla considerazione degli orari di servizio.
Né a conclusioni di segno opposto possono condurre le circolari e le disposizioni richiamate dai ricorrenti e sopra menzionate.
Al riguardo, infatti, il Collegio condivide l’interpretazione offerta dall’Amministrazione nella nota di chiarimenti prodotta in giudizio, la quale, nel richiamare la Circolare del Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione Centrale per i Servizi di Ragioneria – Servizio Vettovagliamento e Pulizia del 23 dicembre 1996, n. 750.C.1.8948 (il cui contenuto è riportato supra, sub par. 6), correttamente chiarisce, da un lato, che “il beneficio del pasto gratuito nelle sedi disagiate” è “strettamente legato alla coincidenza del turno di servizio con l’orario normalmente dedicato alla fruizione del pasto” e, dall’altro, che “nelle sedi disagiate, il beneficio di cui trattasi è previsto per il solo fatto di svolgere il turno di ordinario servizio (sei ore), senza che sia richiesta una protrazione del normale orario di servizio (per straordinario emergente o rientro settimanale) o comunque una permanenza in servizio oltre l’orario di servizio ordinario, cosa che invece accade nelle ipotesi di cui alle lettere a) e b) dell’art. 1, comma 1, della legge 203 del 1989”.
10.2. In altri termini, il beneficio del pasto gratuito di cui alla l. n. 203 del 1989, per il personale che presta servizio in sede disagiata, spetta esclusivamente con riferimento ai turni di servizio che coincidono con l’orario normalmente dedicato alla fruizione dei pasti: in questi casi, un pasto per il turno 7/14 e un pasto per il turno 14/22, mentre la fruizione del beneficio non spetta con riguardo ai servizi che ricadono negli altri quadranti orari, come nell’ipotesi – che ricorre nella vicenda in esame – di espletamento del turno di servizio nelle ore 22-7.