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Legittimità del licenziamento del whistleblower

La Corte di Cassazione, (Sez. Lav.), nella sentenza del 9 maggio 2024 n.12688, rappresenta un punto di svolta nella giurisprudenza relativa ai diritti dei whistleblower nelle aziende italiane. Nella decisione, la Corte ha enfatizzato la necessità di una valutazione olistica delle circostanze che circondano il licenziamento di un dipendente che ha agito in qualità di whistleblower

 
 

31 MAGGIO 2024

La Corte di Cassazione, (Sez. Lav.), nella sentenza del 9 maggio 2024 n.12688, rappresenta un punto di svolta nella giurisprudenza relativa ai diritti dei whistleblower nelle aziende italiane. Nella decisione, la Corte ha enfatizzato la necessità di una valutazione olistica delle circostanze che circondano il licenziamento di un dipendente che ha agito in qualità di whistleblower.

Tradizionalmente, il licenziamento di un whistleblower è sempre stato un terreno delicato, navigato tra la necessità di proteggere l’impresa da condotte dannose e l’obbligo di tutelare chi denuncia irregolarità interne. Già in passato, la Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi sulla questione, sottolineando che un licenziamento ritorsivo deve essere motivato esclusivamente da ragioni illecite (Cass. 7/3/2023, n. 6838; Cass. 27/1/2022, n. 2414; Cass. 16/2/2021, n. 4055).

La questione

Nel caso specifico, un dirigente pubblico aveva contestato il proprio licenziamento per giusta causa, sostenendo che esso fosse ritorsivo e violasse l’art. 54-bis del D.Lgs. n. 165/2001, che tutela i dipendenti pubblici che segnalano illeciti. Le istanze inferiori avevano rigettato il ricorso, focalizzandosi sulla giustificazione del licenziamento senza esaminare il contesto più ampio del whistleblowing.

La Corte di Cassazione ha ribaltato questa visione, evidenziando come la valutazione del licenziamento debba includere tutti gli elementi del contesto, non solo la giusta causa in sé. Questo include la considerazione del momento in cui le denunce sono state fatte rispetto al licenziamento, il declassamento professionale subito dal dirigente e la corrispondente diminuzione delle sue responsabilità.

Questa decisione sottolinea un cambio di rotta significativo, imponendo alle corti di merito un approccio più inclusivo e dettagliato nella valutazione dei casi di licenziamento dei whistleblower. La sentenza incoraggia un’esplorazione più profonda dei motivi sottostanti al licenziamento, riconoscendo l’importanza di proteggere chi denuncia irregolarità interne nonostante le possibili giustificazioni operative addotte dalle aziende.

Conclusioni

In conclusione, la sentenza è un forte promemoria dell’importanza di tutelare i diritti dei whistleblower nel contesto lavorativo italiano. Essa non solo protegge l’individuo, ma promuove una cultura aziendale più trasparente e responsabile, essenziale per un ambiente di lavoro sano e produttivo. Le aziende devono quindi riflettere accuratamente sulle proprie politiche interne e sulle pratiche di gestione dei dipendenti per assicurarsi di conformarsi a questi nuovi standard giuridici.