29 MAGGIO 2024
Nel contesto del reclutamento pubblico, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3855 del 29 aprile 2024, ha ribadito importanti principi riguardo l’uso delle graduatorie concorsuali esistenti e la possibilità di indire nuovi concorsi. Tale decisione sottolinea l’assenza di un obbligo incondizionato per l’Amministrazione di utilizzare graduatorie preesistenti per la copertura di posti vacanti, stabilendo che non esiste un diritto soggettivo degli idonei all’assunzione automatica tramite scorrimento di graduatoria.
Gli appellanti, risultati idonei non vincitori in un concorso per 175 dirigenti di seconda fascia del 2010, hanno sollevato questioni in merito a un nuovo concorso indetto per posizioni sostanzialmente identiche, sostenendo che avrebbe dovuto essere utilizzata la graduatoria del 2010. Tuttavia, l’Amministrazione ha motivato l’indizione di un nuovo concorso evidenziando l’esigenza di reclutare 160 dirigenti in luogo di estendere un precedente concorso per 403 dirigenti, ritenendo non prioritario lo scorrimento della graduatoria esistente.
In questo contesto, la sentenza del Consiglio di Stato ha chiarito che le graduatorie hanno una natura ultrattiva, il che non implica un dovere automatico di scorrimento né conferisce un diritto soggettivo agli idonei. La posizione degli idonei è definita come di mera aspettativa, sottolineando la discrezionalità amministrativa nell’optare per un nuovo concorso piuttosto che per lo scorrimento di una graduatoria, in assenza di vincoli normativi che obblighino diversamente.
Inoltre, la decisione di procedere con un nuovo concorso è legittimata dall’articolo 97 della Costituzione, che presiede all’efficienza e alla buona amministrazione. Le motivazioni per avviare un nuovo concorso possono includere la disponibilità di bilancio, le direttive programmatiche, e altri fattori organizzativi che giustificano una scelta diversa dal mero scorrimento.
La giurisprudenza citata, in particolare la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 14 del 2011, ha ulteriormente consolidato il principio che gli idonei non godono di un diritto pieno all’assunzione, ma di una posizione che dipende dalla valutazione discrezionale e dai criteri amministrativi stabiliti per il reclutamento.
In conclusione, il Consiglio di Stato ha respinto l’appello degli idonei, sottolineando che l’approccio adottato dall’Amministrazione nel gestire la vicenda del concorso del 2010 e il successivo contenzioso era conforme alle normative e alle necessità organizzative. L’esito del processo ha anche condotto a una compensazione delle spese processuali, riflettendo la complessità e la peculiarità del caso. Tale decisione sottolinea l’importanza di un equilibrio tra le aspettative dei candidati idonei e la flessibilità amministrativa nel perseguire l’interesse pubblico attraverso decisioni organizzative appropriate.