15 MAGGIO 2024
Il licenziamento del dipendente INPS che accede illegittimamente alla banca dati per conoscere conti e posizioni degli iscritti è legittimo anche senza comunicazione preventiva al dipendente riguardo ai controlli sull’accesso alla banca dati. Tale controllo non rientra tra quelli difensivi necessari a tutelare gli interessi aziendali del datore di lavoro. E’ quanto ha affermato la Corte di Cassazione civile, (Sez. lav.), con la sentenza del 19 marzo 2024, n. 7272.
Il lavoratore è stato licenziato dall’INPS nel settembre 2020, a seguito di un procedimento disciplinare in cui gli sono stati contestati numerosi accessi non autorizzati alla banca dati informatica dell’Istituto per estrarre informazioni sui conti e sulle prestazioni previdenziali di persone ivi inserite.
Il lavoratore ha impugnato il licenziamento davanti al Tribunale di Ancona, che ha respinto la sua domanda.
La Corte d’Appello di Ancona ha confermato la decisione del Tribunale, respingendo anche l’appello del lavoratore e accogliendo l’appello incidentale dell’INPS contro la parziale inutilizzabilità dei documenti posti a fondamento della contestazione disciplinare.
Il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione.
I giudici hanno chiarito che i controlli effettuati dall’INPS avevano lo scopo di proteggere le informazioni riservate degli iscritti, piuttosto che verificare la prestazione lavorativa del dipendente. Inoltre, hanno sottolineato che l’avvertimento sull’uso esclusivo delle banche dati per scopi istituzionali era sufficiente per soddisfare il requisito dell’informazione preventiva.
La Corte di legittimità ha richiamato l’importanza di un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione degli interessi aziendali e le tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore, specialmente nei controlli difensivi del datore di lavoro. Tali controlli devono essere mirati e attuati esclusivamente a seguito di comportamenti illeciti del lavoratore.
Nel caso in questione, i controlli preventivi effettuati dall’INPS non erano finalizzati al controllo della prestazione lavorativa del dipendente né alla protezione degli interessi aziendali. L’INPS, in qualità di gestore della banca dati contenente informazioni riservate sugli iscritti, ha eseguito i controlli preventivi per garantire la corretta gestione dei dati e la tutela della privacy degli interessati.
I controlli automatici effettuati dall’INPS, che hanno generato il fondato sospetto di un illecito disciplinare, erano volti a proteggere gli interessi delle persone iscritte alla banca dati, senza coinvolgere indagini sulle abitudini o sulle comunicazioni del dipendente.
Pertanto, non era necessario informare preventivamente il dipendente dell’INPS sui controlli eseguiti, poiché tali controlli non rientravano tra quelli difensivi mirati alla protezione degli interessi aziendali.
La Corte ha pertanto respinto il ricorso presentato dal lavoratore confermando la legittimità del suo licenziamento.