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Errore nella PEC e decadenze processuali

La Cassazione (Sez. Lavoro), con sentenza n. 1348 del 12 gennaio 2024, chiarisce cosa fare nel caso in cui la trasmissione telematica di atti processuali non vada a buon fine precisando quali sono le conseguenze in termini di decadenze
 

16 FEBBRAIO 2024

Fatto

La Corte d’appello di Bologna ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da XXX avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia, la quale, a propria volta, aveva disatteso la domanda, proposta dalla stessa XXX, volta a conseguire il risarcimento dei danni per condotte di mobbing, nonché la domanda di annullamento della richiesta di trasferimento ad altra sede.

La Corte d’appello, infatti, ha accolto l’eccezione di inammissibilità ex art. 327 c.p.c. del gravame sollevata dall’appellata, rilevando che l’appellante aveva proceduto al deposito telematico del ricorso in appello alle ore 23:02 del giorno 3 giugno 2016, ultimo giorno del termine semestrale per la proposizione del gravame; tale deposito era stato tuttavia respinto in data 9 giugno 2016 con segnalazione di “errore fatale”, determinata dal fatto che la ricorrente aveva provveduto al deposito di un atto in formato non ammesso dal sistema, avendo provveduto all’estrazione di copia informatica – e non di duplicato – della sentenza impugnata, apponendovi attestazione di conformità PADES con aggiunte in formato CADES; detto errore era direttamente imputabile al difensore dell’appellante il quale non si era attenuto alle specifiche tecniche del D.M. 44/2011 ed aveva determinato un errore non eliminabile se non dalla stessa parte, facendo in tal modo venire meno la condizione di validità di cui all’art. 16-bis, comma 7, D.L. 179/2012.

Anche ipotizzando un errore scusabile, non sussistevano i presupposti per l’accoglimento dell’istanza di rimessione in termini ex art. 153 c.p.c. formulata dall’appellante, in quanto la medesima si era attivata solo tre giorni dopo il tentativo di deposito ed aveva infine provveduto al deposito cartaceo del ricorso solo in data 17 giugno, incorrendo in un ritardo non giustificato.

La decisione

Il ricorso è fondato.

Motivazioni

Ricevuta, allora, la PEC con segnalazione di errore fatale, l’odierna ricorrente aveva due possibilità: o reiterare la procedura di deposito telematico – che, ove effettuata con esito positivo, si sarebbe posta in continuità con la prima procedura di deposito ed avrebbe potuto quindi essere considerata tempestiva, dovendosi valorizzare non la data del secondo deposito telematico eseguito dopo il rifiuto della “busta”, ma la data della RdAC del primo deposito (sempre Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 6743 del 10/03/2021) – oppure presentare istanza di rimessione in termini.

Avendo la ricorrente esperito inizialmente la prima strada con esito, tuttavia, ancora negativo già al ricevimento della c.d. “terza PC” – solo successivamente optando per la formulazione dell’istanza di rimessione in termini – appare evidente che in alcun modo l’originario deposito poteva ritenersi tempestivo, e che il gravame veniva ad essere tardivo, come ha correttamente opinato la Corte territoriale.

Si deve ritenere che, nel disattendere l’istanza di rimessione in termini formulata dall’odierna ricorrente, la Corte d’appello non si sia conformata ai principi enunciati in materia da questa Corte, la quale ha avuto occasione di precisare che:

  • in tema di deposito telematico di un atto processuale, la presenza, all’esito dei controlli della cancelleria, di un “errore fatale” che, non imputandosi necessariamente a colpa del mittente, esprime soltanto l’impossibilità del sistema di caricare l’atto nel fascicolo telematico, impedendo al cancelliere l’accettazione del deposito, oltre a consentirne l’eventuale rinnovazione con rimessione in termini (Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 238 del 05/01/2023);
  • la tempestività del deposito telematico di un atto processuale, in caso di esito negativo del procedimento culminante con l’accettazione da parte del cancelliere (cd. “quarta p.e.c.”), postula la necessità della sua rinnovazione, previa rimessione in termini ex 153, comma 2, c.p.c., ove possa ritenersi che questi siano decorsi incolpevolmente a causa dell’affidamento riposto nell’esito positivo del deposito stesso (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 29357 del 10/10/2022);
  • in tema di opposizione notificata a mezzo PEC ex 5-ter della l. n. 89 del 2001, ove l’iscrizione a ruolo sia stata effettuata non oltre il secondo giorno lavorativo antecedente a quello di scadenza del termine, la ricezione della comunicazione di mancata accettazione del ricorso quattro giorni dopo il deposito telematico rende ammissibile l’istanza di rimessione in termini, poiché le istruzioni impartite agli uffici giudiziari dal Ministero della giustizia con circolare del 23 ottobre 2015 – ove è ritenuto consigliabile che l’accettazione del deposito di atti e documenti provenienti dai soggetti abilitati all’invio telematico sia eseguita entro il giorno successivo a quello di ricezione da parte dei sistemi del dominio giustizia – sono oggettivamente idonee, per la fonte da cui promanano e per la pubblicità cui sono assoggettate, ad indurre negli avvocati il ragionevole affidamento che l’esito del deposito telematico sarà loro reso noto il giorno successivo alla effettuazione dello stesso, sì da poter i medesimi rimediare tempestivamente, ove emergessero eventuali anomalie della procedura, ai vizi del predetto deposito (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 24180 del 27/09/2019).

Nel caso in esame, è la stessa decisione impugnata a dare atto del fatto che la definitiva segnalazione di errore fatale è pervenuta all’odierna ricorrente solo tre giorni dopo il deposito (il 6 giugno 2016 a fronte di un deposito del 3 giugno) e che la ricorrente si attivata per chiedere chiarimenti alla cancelleria in data 9 giugno, procedendo il successivo 17 giugno al deposito del ricorso in forma cartacea ed alla contestuale formulazione dell’istanza di rimessione in termini.

La cronologia dei fatti viene ad evidenziare, in primo luogo, che l’attivazione dell’odierna ricorrente è avvenuta “in un termine ragionevolmente contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del processo” (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 25289 del 11/11/2020), non potendosi certo ritenere tardiva un’attivazione a distanza di soli undici giorni dalla definitiva verifica dell’esito negativo del tentativo di deposito – avendo questa Corte ritenuto, semmai, ingiustificati ritardi dell’ordine di diciannove mesi (Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 16423 del 17/07/2014); un anno e mezzo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4841 del 26/03/2012); cinque mesi (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 22342 del 05/08/2021) – e non rilevando, a tal fine la circostanza che la ricorrente abbia ricevuto già il 3 giugno la c.d. “terza PEC” contenente la segnalazione di anomalia del deposito, e ciò per la duplice ragione che, da un lato, un ulteriore lasso temporale di tre giorni non varrebbe comunque a far ritenere eccessivo l’indugio della parte e che, dall’altro lato , la descrizione della problematica contenuta nella terza PEC non risultava evidenziare ancora errore irrimediabile, potendo quindi la ricorrente nutrire “un affidamento giustificato nel tempestivo svolgimento di verifiche da parte della cancelleria e nella comunicazione del loro esito attraverso una quarta PEC” (Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 30514 del 18/10/2022).

Esclusa l’inerzia della parte, si deve ulteriormente rilevare che la Corte d’appello ha apoditticamente affermato l’imputabilità dell’errore alla parte medesima, riconnettendo quest’ultimo alla segnalazione di fatal error da parte della Cancelleria – laddove, come da questa Corte chiarito, detto errore non è necessariamente imputabile a colpa del mittente, esprimendo soltanto l’impossibilità del sistema di caricare l’atto nel fascicolo telematico – e senza operare una concreta verifica della imputabilità dell’esito negativo del deposito alla ricorrente.

Note

Cass. Sez. U – Ordinanza n. 28403 del 11/10/2023;

Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 19307 del 07/07/2023