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Gli interventi di pavimentazione esterna sono realizzabili in regime di edilizia libera se di entità minima

Gli interventi di pavimentazione esterna, anche ove contenuti entro i limiti di permeabilità del fondo, sono realizzabili in regime di edilizia libera soltanto laddove presentino una entità minima, sia in termini assoluti, che in rapporto al contesto in cui si collocano e all'edificio cui accedono: è quanto ribadito dal TAR Lombardia, Milano, sez. IV, nella sent. 21 ottobre 2025, n. 3342.
 

31 OTTOBRE 2025

di M. Petrulli
Gli interventi di pavimentazione esterna, anche ove contenuti entro i limiti di permeabilità del fondo, sono realizzabili in regime di edilizia libera soltanto laddove presentino una entità minima, sia in termini assoluti, che in rapporto al contesto in cui si collocano e all'edificio cui accedono: è quanto ribadito dal TAR Lombardia, Milano, sez. IV, nella sent. 21 ottobre 2025, n. 3342[1].

I tre elementi da verificare

Come è noto, l’art. 6, comma 1, lett. e-ter), del Testo Unico Edilizia[2]  dispone che rientrano nell’alveo dell’attività edilizia libera “le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l'indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale, ivi compresa la realizzazione di intercapedini interamente interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque, locali tombati”. 
Come precisato dalla giurisprudenza amministrativa[3], deve escludersi che, nell’assoggettare al regime di edilizia libera la realizzazione di interventi di pavimentazione di spazi esterni, entro i prescritti limiti di permeabilità del fondo, il Legislatore abbia inteso consentire la facoltà di coprire liberamente e senza alcun titolo qualunque estensione di suolo inedificato, salvo soltanto il rispetto di taluni limiti. E ciò in quanto la pavimentazione di aree esterne: 
  1. è di per sé idonea a trasformare permanentemente porzioni di suolo inedificato; 
  2. riduce la superficie filtrante, con la conseguenza che, anche se contenuta nei prescritti limiti di permeabilità, incide comunque sul regime del deflusso delle acque dal terreno;
  3. è percepibile esteriormente, per cui presenta una potenziale rilevanza sotto il profilo dell’inserimento delle opere nel contesto urbanistico; 
  4. determina la creazione di una superficie utile, benché non di nuova volumetria.
La norma riconosce un’importanza fondamentale all’indice di permeabilità, ossia al rapporto tra la superficie permeabile e la superficie territoriale (indice di permeabilità territoriale) o fondiaria (indice di permeabilità fondiaria)[4]: il primo elemento da riscontrare, quindi, è il rispetto di tale parametro.
Il secondo elemento è, come affermato dai giudici milanesi, il concreto impatto sui luoghi della pavimentazione, che deve essere scarso, tale da non creare una significativa trasformazione del contesto. 
Il terzo elemento, enucleato dalla giurisprudenza[5], è da individuarsi nella pertinenzialità dell’area interessata dalla pavimentazione.
Il caso specifico affrontato dai giudici
Nella citata sentenza i giudici milanesi hanno ritenuto insussistente il secondo parametro, trovandosi di fronte a pavimentazioni e vialetti di collegamento, posizionamento di travi in cls non armate, posa di un pozzo perdente di acque meteoritiche e messa in opera di traversine di legno a sostegno del sovrastante giardino, che avevano determinato una modifica dell’andamento del terreno.
Ne deriva, secondo quanto affermato in sentenza, che le opere di pavimentazione o di finitura di spazi esterni rientrano nella previsione normativa soltanto laddove, per le loro caratteristiche in concreto, siano inidonee a influire in modo rilevante sullo stato dei luoghi, e quindi non determinino una significativa trasformazione urbanistica ed edilizia. 
Dunque, la realizzazione di interventi di pavimentazione esterna non può comunque essere considerata come assoggettata al regime dell’edilizia libera ogni volta che sia percepibile esteriormente, per cui presenti una potenziale rilevanza sotto il profilo dell'inserimento delle opere nel contesto urbano e determini la creazione di una superficie utile, benché non di nuova volumetria.
L’ufficio tecnico comunale è tenuto a guardare all’edificazione nel suo complesso e alla sua idoneità a dar luogo ad una trasformazione del territorio nell’accezione di cui all’art. 10 del Testo Unico Edilizia; ne consegue che la circostanza per cui alcuni interventi singolarmente considerati avrebbero potuto essere assoggettati ad un regime abilitativo più ‘leggero’ rispetto all’obbligo di conseguimento del permesso di costruire, non esimere l’ufficio dal considerare nella loro globalità le opere realizzate, e ritenerle soggette a provvedimento concessorio in ragione della trasformazione edilizia che esse hanno integrato.

Casistica

Secondo la giurisprudenza, non possono considerarsi rientrante nell’ambito dell’attività edilizia libera una pavimentazione di 850 mq. di superficie[6] né una di “mt. 8,50 x 8,50 circa[7].
Al contrario, rientrano nell’alveo dell’attività edilizia libera: 
  • una “pavimentazione stagionale di un camminamento pedonale, delimitato (sul solo lato mare) da una ringhiera in acciaio e corde, per l’accesso all’immobile principale ed alle relative aree esterne pertinenziali mediante apposizione di quadroni in cemento amovibili, non ancorati all’arenile mediante alcun tipo di malta[8];
  • un intervento di pavimentazione senza alcuna posa di cemento ma con la sola posa sul terreno di “piastrelloni”, per una complessiva superfice di soli 75 mq., incidenti un fondo di oltre 30.000 mq.[9];
  • una pavimentazione, con relativo massetto, di circa 15 mq. su una superficie circa 10 volte più grande[10].
Note
[1] In termini, cfr. TAR Toscana, sez. III, sent. 1° agosto 2022, n. 972: “Secondo un consolidato insegnamento giurisprudenziale, le opere di pavimentazione costituenti attività di edilizia libera sono configurabili quando costituiscono opere accessorie pertinenziali di edifici in zone edificabili e, pertanto, sono di entità minima, svolgono una funzione accessoria ed essenziale rispetto al bene principale e non incidono in modo significativo sul territorio; le stesse, invece, non possono essere ricondotte alle ipotesi di cui all'art. 136 della L.R.T. n. 65/2014 quando hanno notevole estensione, comportano la permanente trasformazione del suolo inedificato e sono funzionali al mutamento della destinazione d'uso del terreno.”; TAR Abruzzo, L’Aquila, sez. I, sent. 4 novembre 2021, n. 496: “Non è necessario il permesso di costruire solamente per la realizzazione di modeste opere di pavimentazione, laddove non siano state realizzate opere murarie o eliminato verde preesistente, ovvero urbanizzato il terreno mentre occorre invece il permesso di costruire, quando le opere di pavimentazione, in ragione delle dimensioni delle stesse e dei materiali utilizzati determinino una irreversibile trasformazione dello stato dei luoghi”.
[2] DPR n. 380/2001.
[3] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 4 agosto 2025, n. 6877.
[4] Cfr. la definizione uniforme n. 10 dell’Intesa Stato-Regioni del 2016.
[5] TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 20 settembre 2023, n. 5145, secondo cui “l’attività edilizia libera è ravvisabile solo se ed in quanto viene da incidere su di un’area pertinenziale”.
[6] TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 3 gennaio 2024, n. 57.
[7] TAR Puglia, Lecce, sez. I, sent. 30 marzo 2021, n. 477.
[8] TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 26 settembre 2022, n. 2455.
[9] TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 7 ottobre 2022, n. 2613.
[10] TAR Molise, sez. I, sent. 17 maggio 2022, n. 170.