
Il certificato di destinazione urbanistica può essere impugnato
Con la sentenza n. 1710 del 27 febbraio 2025, il Consiglio di Stato, (Sez. VII), ha stabilito che il certificato di destinazione urbanistica (CDU) non è autonomamente impugnabile
19 MARZO 2025
Con la sentenza n. 1710 del 27 febbraio 2025, il Consiglio di Stato, (Sez. VII), ha stabilito che il certificato di destinazione urbanistica (CDU) non è autonomamente impugnabile. Secondo il Supremo Consesso, il CDU si configura come una certificazione redatta da un pubblico ufficiale, avente natura ed effetti meramente dichiarativi e non costitutivi di posizioni giuridiche. Le situazioni giuridiche in esso descritte derivano, infatti, da altri provvedimenti amministrativi che ne determinano la portata e gli effetti.
L’assenza di efficacia provvedimentale e la non impugnabilità
Il Consiglio di Stato ha chiarito che il CDU non possiede efficacia provvedimentale autonoma e, di conseguenza, non può essere considerato un atto lesivo in senso proprio. Ciò esclude la possibilità di un’impugnazione diretta davanti al giudice amministrativo. Gli eventuali errori contenuti nel certificato possono essere corretti dalla stessa amministrazione, su istanza del privato, oppure quest’ultimo potrà impugnare i successivi provvedimenti concretamente lesivi che siano adottati sulla base di un CDU erroneo.
Un orientamento giurisprudenziale consolidato
La decisione del Consiglio di Stato si inserisce in un filone giurisprudenziale già consolidato. Già con la sentenza n. 505 del 4 febbraio 2014, la Sezione IV aveva affermato che il CDU è un atto meramente dichiarativo e non costitutivo di effetti giuridici. In tal senso, il certificato non genera autonomamente situazioni giuridiche nuove, ma si limita a cristallizzare un dato normativo preesistente derivante dagli strumenti urbanistici.
Le implicazioni pratiche della decisione
La sentenza del Consiglio di Stato assume particolare rilevanza per i professionisti del settore immobiliare e urbanistico, nonché per i cittadini che si trovano a interfacciarsi con la pubblica amministrazione per operazioni di compravendita e gestione del territorio. In caso di errori contenuti nel CDU, la via corretta non è l’impugnazione diretta del certificato, bensì la richiesta di rettifica all’amministrazione o, nei casi più gravi, l’impugnazione dei provvedimenti adottati sulla base di informazioni errate.
Questa interpretazione garantisce un principio di certezza del diritto e razionalizza il sistema della tutela giurisdizionale, evitando contenziosi basati su atti che non possiedono autonomi effetti lesivi. La decisione del Consiglio di Stato, dunque, si pone in continuità con l’orientamento giurisprudenziale esistente e rafforza la natura meramente dichiarativa del CDU.