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La piscina non è una mera pertinenza ma una nuova costruzione: le indicazioni del Consiglio di Stato

La piscina non è riconducibile al novero delle opere pertinenziali ma a quello delle nuove costruzioni: è quanto ribadito dal Consiglio di Stato, (Sez. II), nella sentenza del 21 giugno 2024, n. 5538
 

1 LUGLIO 2024

di Mario Petrulli
 
La piscina non è riconducibile al novero delle opere pertinenziali ma a quello delle nuove costruzioni: è quanto ribadito dal Consiglio di Stato, sez. II, nella sent. 21 giugno 2024, n. 5538[1].
 
Come è noto, il concetto di pertinenza in senso urbanistico-edilizio è completamente diverso da quello civilistico e la piscina, astrattamente considerata, non può considerarsi tale, essendo una struttura di tipo edilizio che incide con opere invasive sul sito in cui viene realizzata, perciò configura una nuova costruzione ex art. 3, comma 1, lett. e), del Testo Unico Edilizia[2] e non una pertinenza urbanistica del fabbricato residenziale.
 
Perché la piscina non può essere una mera pertinenza
Tutti gli elementi strutturali concorrono al computo di volumetria dei manufatti, interrati o meno, e fra di essi deve intendersi ricompresa anche la piscina, in quanto non qualificabile come pertinenza in senso urbanistico in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell’edificio cui accede. La piscina, infatti, non può essere attratta alla categoria urbanistica delle mere pertinenze, poiché, sul piano funzionale, non è necessariamente complementare all’uso delle abitazioni e non costituisce sempre una mera attrezzatura per lo svago alla stessa stregua di un dondolo o di uno scivolo installati nei giardini.
 
Inoltre, alla qualificazione della piscina come pertinenza osta pure la considerazione che la stessa comporta una durevole trasformazione del territorio e, sotto il profilo urbanistico, presenta una funzione autonoma rispetto a quella propria dell’edificio cui accede; ragione per la quale non vi è coincidenza con la relativa nozione civilistica.
 
Al riguardo può richiamarsi la giurisprudenza[3] sulla nozione di pertinenza urbanistica secondo cui tale nozione è invocabile per opere di modesta entità ed accessorie rispetto ad un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia; viceversa, tali non sono i manufatti che per dimensioni e funzione possiedono una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale sì da avere una potenziale attitudine ad una diversa e specifica utilizzazione. Concetti, questi ultimi, che ben paiono attagliarsi al caso specifico oggetto della sentenza di Palazzo Spada, in cui vi era una piscina di mt. 6,60 x 12,60, con circostante area pavimentata in gres di mt. 13,70 x 15,00.
 
 
 
Conseguenze della qualificazione di una piscina in termini di nuova costruzione
Se la piscina è una nuova costruzione, ne consegue la necessità del preventivo rilascio del permesso di costruire, con necessario rispetto delle previsioni urbanistiche e di tutela paesaggistica. Nel caso specifico, ad esempio, tale rispetto non era possibile da riscontrare, visto che:
 
la zona era classificata come “E1” agricola – periurbana, che il P.U.C. aveva destinato ad usi agricoli, nella quale erano consentiti solo la costruzione di manufatti e fabbricati per l’agricoltura ed interventi di recupero e riutilizzo del patrimonio edilizio esistente;
le NTA consentivano solo il mantenimento e il potenziamento delle attività produttive connesse con l’agricoltura;
un precedente atto di asservimento, ai sensi del quale il fondo relativo al fabbricato sarebbe stato impegnato unicamente a verde.
Casistica
Tra la casistica giurisprudenziale, ricordiamo che la qualità di nuova costruzione è stata riconosciuta nei seguenti casi:
 
piscina interrata di 6 metri per 12 metri, con profondità massima di 2 metri[4];
“piscina privata, scoperta e a scopo ricreativo, in parte interrata (circa mt. 1,00) ed in parte fuori terra (circa mt. 0,50) delle dimensioni di mq. 25.20 (mt. 5,60 X 4,50) e un’altezza costante pari a mt. 1,35”[5];
“piscina interrata avente una superfice totale di circa 62,50 mq.”[6];
“piscina delle dimensioni di mt 11,00×6,40x H. max 2,32”[7].
Note
 
[1] Cfr., in tal senso, Consiglio di Stato, sez. VII, sent. 2 gennaio 2024, n. 44: “Al riguardo può richiamarsi quella giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. VI, 29 novembre 2019, n. 8192; id., 4 gennaio 2016, n. 19; 24 luglio 2014, n. 3952; sez. V, 12 febbraio 2013, n. 817; sez. VI, n. 100/2020) sulla nozione di pertinenza urbanistica, secondo cui tale nozione “è invocabile per opere di modesta entità ed accessorie rispetto ad un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia. Viceversa, tali non sono i manufatti che per dimensioni e funzione possiedono una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale sì da avere una potenziale attitudine ad una diversa e specifica utilizzazione””.
 
[2] DPR n. 380/2001.
 
[3] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 7 gennaio 2020, n. 100; sent. 29 novembre 2019, n. 8192; sent. 4 gennaio 2016, n. 19 e sen. 24 luglio 2014, n. 3952; sez. V, sent. 12 febbraio 2013, n. 817.
 
Cfr. TAR Lazio, Roma, sez. II stralcio, sent. 31 agosto 2023, n. 13496, con riferimento ad una piscina di 120 mq., secondo cui: “In particolare, si è affermato che: “i) “la pertinenza urbanistico-edilizia è configurabile allorquando sussista un oggettivo nesso che non consenta altro che la destinazione della cosa ad un uso servente durevole e sussista una dimensione ridotta e modesta del manufatto rispetto alla cosa a cui esso inerisce”; ii) “a differenza della nozione di pertinenza di derivazione civilistica, ai fini edilizi il manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale ed è funzionalmente inserito al suo servizio, ma anche allorquando è sfornito di un autonomo valore di mercato e non comporta un cosiddetto “carico urbanistico” proprio in quanto esauriscono la loro finalità nel rapporto funzionale con l’edificio principale”» (così Cons. St., sez. VI, 26 aprile 2021, n. 3318; cfr., per una fattispecie analoga alla presente, Tar Lazio, Roma, Sez. II, 19 novembre 2021, n. 11976).
 
Nello stesso senso è stato condivisibilmente affermato che «la nozione di pertinenza urbanistica ha peculiarità sue proprie, che la differenziano da quella civilistica dal momento che il manufatto deve essere non solo preordinato ad una oggettiva esigenza dell’edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma deve essere anche sfornito di autonomo valore di mercato e dotato comunque di un volume modesto rispetto all’edificio principale, in modo da evitare il c.d. carico urbanistico (cfr., ex multis, T.A.R. Catania n. 4564/2010), sicché gli interventi che, pur essendo accessori a quello principale, incidono con tutta evidenza sull’assetto edilizio preesistente, determinando un aumento del carico urbanistico, devono ritenersi sottoposti a permesso di costruire (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 10 maggio 2018, n. 3115); tale criterio è stato applicato anche con specifico riguardo alla realizzazione di una piscina nell’area adiacente all’abitazione, la quale, in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell’edificio al quale accede, non è pertanto qualificabile come pertinenza in senso urbanistico (T.A.R. Campania, Napoli sez. III, 30 marzo 2018 n. 2033; T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 11 gennaio 2018, n. 194; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 16 marzo 2017, n. 1503)» (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 30.05.2018, n. 3569).
 
Con specifico riguardo, poi, alla fattispecie della piscina, la giurisprudenza amministrativa ha recentemente chiarito (cfr. per tutte TAR Campania, Napoli, sez. VI, 7 gennaio 2022, n. 105) che “in particolare, quanto alla piscina, non appare ultroneo specificare che, secondo condivisa giurisprudenza: a) “tutti gli elementi strutturali concorrono al computo della volumetria del manufatto, siano essi interrati o meno, e fra di essi deve intendersi ricompresa anche la piscina, in quanto non qualificabile come pertinenza in senso urbanistico in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell’edificio al quale accede” (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, VII, n. 3358/2018); b) pertanto, “la realizzazione di una piscina è configurabile come intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 3 comma 1 lett. d), d.P.R. n. 380 del 2001, nella misura in cui realizza l’inserimento di nuovi elementi ed impianti, ed è quindi subordinata al regime del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. c), dello stesso d.P.R., in quanto comporta una durevole trasformazione del territorio” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 14/11/2011, n. 5316)”.
 
[4] TAR Marche, sez. I, sent. 21 luglio 2023, n. 487.
 
[5] TAR Puglia, Lecce, sez. I, sent. 18 gennaio 2022, n. 76.
 
[6] TAR Puglia, Lecce, sez. I, sent. 26 maggio 2022, n. 845.
 
[7] TAR Campania, Napoli, sez. VIII, sent. 21 dicembre 2020, n. 6324.