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Abuso edilizio non sanabile

A fronte della proposizione di una domanda di risoluzione del contratto preliminare di vendita immobiliare per inadempimento del promittente alienante all’obbligo di sanare l’abuso correlato alla variazione della destinazione d’uso del bene, è necessario verificare, in base alle circostanze concrete desumibili dal quadro probatorio offerto, che le difformità riscontrate non siano in alcun modo sanabile. Lo stabilisce la Corte di Cassazione (Sez. II) con l' ordinanza del 03 aprile 2024, n. 8749.

14 GIUGNO 2024

Nella fattispecie concreta di cui si discute, resta necessario approfondire la questione della possibilità di sanare l'abuso edilizio derivante dalla variazione della destinazione d'uso dell'immobile oggetto di promessa di vendita. È essenziale, dunque, una diligente valutazione delle evidenze probatorie prodotte nel corso del dibattimento, al fine di accertare se le difformità urbanistiche rilevate possano trovare adeguata risoluzione tramite le vie amministrative previste dall'ordinamento, oppure se esse rappresentino un ostacolo insormontabile alla regolarizzazione dell'immobile. Solo un'accurata disamina del caso specifico, basata sulle particolarità del contesto e sulla documentazione fornita, permetterà di determinare se sia configurabile o meno un inadempimento tale da giustificare la risoluzione del contratto preliminare, come richiesto dai promissari acquirenti.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione (Sez. II) con l'ordinanza del 03 aprile 2024, n. 8749.