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Illegittimo diniego del permesso di costruire e risarcimento danno

Il Consiglio di Stato, (Sez. III), con la sentenza del 3 maggio 2024 n. 4032 tratta un caso di risarcimento del danno per illegittimo diniego di una richiesta di permesso di costruire, dunque di un provvedimento che ogni Comune si trova a dover assumere

15 MAGGIO 2024

Di Valeria Tarroni

Nota al: CONSIGLIO DI STATO, Sezione III, sentenza 3 maggio 2024 n. 4032

Si segnala questa sentenza, in particolare ai tecnici comunali dell’edilizia, in quanto tratta di un caso di risarcimento del danno per illegittimo diniego di una richiesta di permesso di costruire, dunque di un provvedimento che ogni Comune si trova a dover assumere.

Il fatto

Un privato presenta al Comune due richieste di permesso di costruire, per realizzare un immobile costituito da un piano seminterrato per uso parcheggi e deposito, e da un piano rialzato da adibire a locale commerciale.

La prima richiesta veniva rigettata con atto del 2004 poi annullato in sede giurisdizionale con sentenze passate in giudicato; la seconda richiesta veniva anch’essa rigettata con atto del 2006 poi annullato in sede giurisdizionale (sentenza TAR Lecce n. 825/2008, confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 3106/2013).

I danni richiesti

A seguito della illegittimità dei dinieghi riconosciuta in sede giurisdizionale, nel 2014 l’interessato agisce davanti al TAR Lecce per chiedere la condanna del Comune al risarcimento dei danni subiti, così rappresentati: in relazione allo stress derivante dal perdurare della vicenda (da determinarsi in via equitativa dal Tribunale); il danno patrimoniale emergente, quantificato mediante apposita perizia tecnica in €. 310.000,00 (pari alla differenza tra i costi per l’edificazione dell’intervento tra il 2004 e il 2013); nonché il danno patrimoniale da lucro cessante, quantificato in €. 193.479,02 (mancato godimento dell’intervento dal 2004 al 2013).

La decisione del tar

Il TAR Puglia – Lecce,  Sez. I, sentenza del 3/6/2019 n. 920, nega il diritto al risarcimento del danno ritenendo tardivo il ricorso e maturato il termine di prescrizione quinquennale entro il quale il diritto al risarcimento del danno doveva essere fatto valere.

Il TAR motiva la decisione in adesione all’orientamento,[1] secondo il quale, il diritto a far valere l’azione risarcitoria per un provvedimento illegittimo dannoso, si prescrive entro il termine quinquennale fissato dall’art. 2935 del c.c., con decorrenza del dies a quo dalla data in cui l’interessato riceve la comunicazione del provvedimento di diniego. Secondo tale orientamento è esclusa la necessità del previo esperimento della domanda di annullamento dell’atto lesivo, per cui il “dies a quo” per la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno coinciderebbe con la data del provvedimento lesivo, e non più con quella del passaggio in giudicato della sentenza che lo ha annullato[2].

La decisione del Consiglio di Stato

Per il Consiglio di Stato, l’appellante ha diritto al risarcimento del danno. La Sezione III, con la sentenza n. 4032/2024 accoglie l’appello e riforma la sentenza del TAR.

Il decorso del termine per la prescrizione del diritto al risarcimento da atto illegittimo

I giudici di Palazzo Spada affermano che è applicabile l’art. 2947 c.c. secondo cui il diritto si prescrive in 5 anni dal giorno in cui il fatto si è verificato, in combinato disposto con l’art. 2935 c.c., il quale detta la regola generale secondo cui la prescrizione decorre dal momento in cui il diritto “può essere fatto valere”.

Secondo la giurisprudenza, l’art. 2935 c.c. si riferisce esclusivamente alla possibilità legale dell’esercizio del diritto e non all’impossibilità di fatto di agire nella quale venga a trovarsi il titolare del diritto.

Il punto è: la pendenza dell’azione per l’annullamento dell’atto illegittimo può ascriversi tra gli impedimenti di ordine giuridico idonei a precludere il decorso del termine di prescrizione per esercitare il diritto al risarcimento del danno derivante dall’atto medesimo?

Il Consiglio di Stato osserva che la questione è stata implicitamente risolta dal D. L.vo 104/2010[3], il quale, pur prevedendo, all’art. 30, comma 3, che il termine – decadenziale di 120 giorni – per la proposizione della domanda risarcitoria decorre in via generale “dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo”, al successivo comma 5 ammette che la domanda risarcitoria possa essere proposta successivamente, nel corso del giudizio avente ad oggetto l’annullamento dell’atto o, comunque, entro 120 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce tale giudizio.

Nell’attuale ordinamento giuridico è dunque recepito il principio che la pendenza di un giudizio di annullamento di un provvedimento amministrativo è sufficiente a giustificare lo spostamento del termine per la domanda risarcitoria ad un momento successivo alla formazione del giudicato di annullamento. In tal caso, il termine decadenziale di 120 giorni previsto dal comma 3, decorre dal passaggio in giudicato della sentenza di annullamento.

Il danno

Per il risarcimento del danno derivante dal procedimento amministrativo illegittimo, non è sufficiente il mero annullamento del provvedimento lesivo, occorre che sia fornita la prova del danno subito e dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa della p.a.

Il Consiglio di Stato, nel caso esaminato, ha ritenuto sussistente il profilo della colpa ex art. 2043 del c.c., in quanto le ragioni a fondamento dei due dinieghi di permesso di costruire, sono risultate infondate con sentenze passate in giudicato, per palese violazione sia delle norme urbanistiche (macroscopici errori sulla classificazione del suolo e sul regime edificatorio applicabile), sia dei principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa.

L’ulteriore requisito costituito dalla ingiustizia del danno discende dalla acclarata illegittimità dei dinieghi di permesso di costruire, pronunciata nei precedenti giudizi.

Il Collegio ha quindi riconosciuto al ricorrente il diritto al risarcimento del danno patrimoniale emergente, (individuato nel maggior costo di costruzione secondo i prezzi di mercato attuali e il costo storico attualizzato) e del danno patrimoniale da lucro cessante (per perdita delle rendite derivanti dall’investimento tenendo presente sia l’ipotesi di vendita che di locazione dell’immobile, abbattuto).

Note

[1] Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 novembre 2010 n. 8350 e del C.G.A.R.S., Sez. giurisdizionale, 30 marzo 2011 n. 291

[2] il TAR Lecce, dà conto anche di un altro orientamento, che tuttavia ritiene di non seguire, secondo il quale, qualora venga proposta l’azione volta a richiedere l’annullamento del provvedimento illegittimo causativo del danno, il termine quinquennale va conteggiato a partire dal giorno in cui interviene il passaggio in giudicato della sentenza che dichiara l’annullamento del provvedimento.

[3] Codice processo amministrativo