News

Qualificazione dell’intervento edilizio ai fini del calcolo del contributo si costruzione: regola generale ed eccezione

La qualificazione degli interventi edilizi, anche ai fini dell’applicazione di una norma agevolativa nella fissazione del contributo di costruzione o della monetizzazione, non può che avvenire avendo riguardo alla totalità di un intervento, impedendo così suddivisioni meramente artificiose e mosse da una finalità sostanzialmente elusiva

13 MAGGIO 2024

di Mario Petrulli

La regola generale

Come è noto, la qualificazione degli interventi edilizi, anche ai fini dell’applicazione di una norma agevolativa nella fissazione del contributo di costruzione o della monetizzazione, non può che avvenire avendo riguardo alla totalità di un intervento, impedendo così suddivisioni meramente artificiose e mosse da una finalità sostanzialmente elusiva.

In tal senso, ad esempio, si è espresso il Consiglio di Stato, sez. VI, nella sent. 25 gennaio 2022, n. 496, secondo cui “al fine di valutare l’incidenza sull’assetto del territorio di un intervento edilizio, consistente in una pluralità di opere, va compiuto un apprezzamento globale, atteso che la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprenderne in modo adeguato l’impatto effettivo complessivo. I molteplici interventi eseguiti non vanno considerati, dunque, in maniera “frazionata” (Consiglio di Stato, sez. II, 18 maggio 2020, n. 3164). Nel verificare l’unitarietà o la pluralità degli interventi edilizi, peraltro, non può tenersi conto del mero profilo strutturale, afferente alle tecniche costruttive del singolo manufatto, ma deve prendersi in esame anche l’elemento funzionale, al fine di verificare se le varie opere, pur strutturalmente separate, siano, tuttavia, strumentali al perseguimento del medesimo scopo pratico, consentendo la realizzazione dell’interesse sostanziale sotteso alla loro realizzazione”.

L’eccezione: un recente caso concreto

La regola generale, tuttavia, subisce un’eccezione nel caso in cui vi sia un’autonomia degli immobili interessati e degli interventi da realizzare.

Un interessante caso concreto si è avuto nella recente sent. 6 maggio 2024, n. 1350, del TAR Lombardia, Milano, sez. IV.

L’ufficio tecnico aveva considerato unitario (e, di conseguenza, calcolato globalmente il contributo di costruzione correlato al permesso di costruire rilasciato) un intervento riguardante due porzioni immobiliari tra loro distinte, di proprietà di soggetti diversi e dotate di autonomia funzionale, una sola delle quali interessata da attività di ristrutturazione.

Più nel dettaglio:

  1. per alcune porzioni immobiliari, contraddistinte catastalmente da sub specifici, era stato progettato un intervento di ristrutturazione così conformato: rimozione della copertura in eternit; rifacimento di una nuova copertura, previo inserimento di uno strato isolante; cambio di destinazione d’uso da funzioni residenziali ad usi terziari (commerciali-direzionali) in una unità posta al piano terra; recupero a fini abitativi di parte del locale sottotetto; talune modifiche alla distribuzione degli spazi interni al fine di accorpare, in ciascun piano, le unità in questione con le unità adiacenti; talune modifiche prospettiche al fine di ottenere l’allineamento verticale e orizzontale delle finestre richiesto dagli elementi propri del nucleo storico;
  2. per una porzione immobiliare, contraddistinta catastalmente da altri sub specifici, erano state previste minime modifiche interne, il rifacimento della unitaria copertura dell’immobile e l’introduzione di alcune aperture.

Dalla descrizione dell’intervento edilizio emerge chiaramente come soltanto per le porzioni di cui al punto 1 si poteva correttamente ammettere l’inquadramento in termini di ristrutturazione ex art. 3, comma 1, lett. d), del Testo Unico Edilizia (D.P.R. n. 380/2001), mentre gli interventi relativi alle porzioni immobiliari di cui al punto 2 potevano essere considerati in termini di manutenzione straordinaria.

Come è noto, la funzione e la causa giuridica degli oneri di urbanizzazione sono quelle di contribuire alle spese che la collettività deve sostenere in riferimento alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, sicché l'unico criterio per determinare se gli oneri siano dovuti o meno consiste nel carico urbanistico derivante dall'attività edilizia, con la precisazione che per aumento del carico urbanistico deve intendersi tanto la necessità di dotare l'area di nuove opere di urbanizzazione, quanto l'esigenza di utilizzare più intensamente quelli esistenti.

Ciò premesso, è di tutta evidenza che le opere realizzate nelle porzioni immobiliari d cui al punto 2 (ossia realizzazione di mere modifiche interne, rifacimento della copertura dell’immobile e introduzione di talune aperture), traducendosi in una mera attività di manutenzione straordinaria ex art. 3, comma 1, lett. b), del Testo Unico Edilizia, non potevano generare un maggior carico urbanistico, con la conseguenza che non era (e non è) corretto computarle ai fini del calcolo del contributo di costruzione.

Secondo i giudici milanesi, la circostanza che i diversi proprietari avessero presentato un’unica richiesta di permesso di costruire in relazione a entrambi gli interventi sopra descritti non era ex se idonea a uniformare la natura di questi ultimi, anche considerata la evidente centralità, nell’economia complessiva del progetto, degli interventi da realizzarsi nelle porzioni di cui al punto 1 (consistenti, per quanto maggiormente interessa, nel cambio di destinazione d’uso da funzioni residenziali ad usi terziari, nel recupero a fini abitativi di parte del locale sottotetto e in talune modifiche alla distribuzione degli spazi interni al fine di accorpare, in ciascun piano, le unità in questione con le unità adiacenti in vista dell’ampliamento dell’originario studio medico).

Proprio in ragione della preminenza – ai fini della realizzazione dello scopo sotteso al progetto presentato dagli interessato – degli interventi di ristrutturazione riguardanti le porzioni immobiliari di cui al punto 1 rispetto a quelli di manutenzione straordinaria oggetto delle porzioni immobiliari di cui al punto 2, era peraltro da escludere che la distinta considerazione dei rispettivi regimi giuridici potesse dar luogo a un artificioso frazionamento del progetto edilizio finalizzato a sottrarsi al pagamento del contributo di costruzione.

Conseguentemente, il provvedimento con cui l’ufficio comunale ha calcolato il contributo di costruzione, considera l’intera superficie di tutte le pozioni immobiliari, è stato ritenuto viziato da errore ed annullato. Ed infatti, come indicato nella pronuncia “considerato che – per le ragioni già illustrate – soltanto le porzioni immobiliari contraddistinte ai sub 3 e 501 sono state interessate da interventi di ristrutturazione edilizia, come tali comportanti un incremento del peso insediativo preesistente, è unicamente con riguardo a queste ultime che avrebbero dovuto essere calcolati gli oneri di urbanizzazione, per tali intendendosi gli oneri affrontati dall'ente locale per le opere indispensabili affinché l'area acquisti attitudine al recepimento dell'insediamento del tipo assentito e per le quali l'area acquista un beneficio economicamente rilevante (in tal senso, Cons. Stato, Sez. IV, n. 799 del 20 febbraio 2014)”.