La vicenda esaminata dal Consiglio di Stato, (Sez. II), sentenza del 22 aprile 2024 n. 3645 risponde alle seguenti domande se la mancanza di autorizzazione sismica/strutturale giustifica il rigetto della sanatoria edilizia ex art. 36 del dpr 380/2001 cui farebbe seguito l’ordine di demolizione?
8 MAGGIO 2024
di Valeria Tarroni
La vicenda esaminata dal Consiglio di Stato, Sezione seconda, sentenza n. 3645/2024 risponde alle seguenti domande:
La mancanza di autorizzazione sismica/strutturale giustifica il rigetto della sanatoria edilizia ex art. 36 del dpr 380/2001 (Testo unico edilizia - TUE) cui farebbe seguito l’ordine di demolizione?
E’ ammessa l’autorizzazione sismica postuma?
Prima di entrare nel merito dell’orientamento espresso dal Consiglio di Stato con la sentenza dello scorso 22 aprile, è utile un inquadramento della complessa tematica della sanatoria sismica, più volte dibattuta.
L’autorizzazione sismica in sanatoria non è prevista dalla normativa statale. I principi della materia dell’edilizia sismica ricadono nella competenza dello Stato trattando di profili attinenti alla “protezione civile” dunque alla sicurezza e all’incolumità pubblica, che deve essere unitaria per tutto il territorio nazionale.
Il raccordo tra l’art. 36 (e l’art. 37, comma 4) del dpr 380/2001 che prevede per la sanatoria edilizia la doppia conformità e gli artt. 83 e seguenti del medesimo dpr relativi alle norme per le costruzioni in zone sismiche, è stata più volte esaminata dalla giurisprudenza che, nel silenzio della legge, ha tentato di colmare la lacuna della norma statale, esprimendosi con due diversi orientamenti:
Nelle zone soggette alla normativa sismica, la tematica del raccordo tra le disposizioni che regolano la sanatoria edilizia (ex art. 36 del dpr 380/2001) e quelle di settore sismica/strutturale (art. 65, 83 e seguenti del medesimo dpr), è di estrema complessità e delicatezza per le innegabili lacune normative. L’interprete è dunque chiamato ad individuare una lettura delle norme che contemperi l’effettività del regime delle sanatorie con la necessità di non abbassare minimamente la soglia della tutela dell’incolumità pubblica in un Paese il cui territorio si connota notoriamente per l’estensione delle zone vulnerabili da un punto di vista sismico.
Il dpr 380/2001 non contempla espressamente alcuna procedura di sanatoria c.d. strutturale, ovvero riferita alla mancata denuncia preventiva o alla mancata richiesta di autorizzazione sismica. Il controllo esercitato dall’amministrazione competente per gli interventi in zone sismiche è costruito dal legislatore in maniera preventiva. Ed infatti:
- l’art. 65 prevede che le opere strutturali siano denunciate “prima del loro inizio”;
- l’art. 93 impone a chiunque intenda procedere ad interventi nelle zone sismiche, di darne “preavviso” scritto allo sportello unico, che provvederà alla trasmissione al competente ufficio tecnico regionale;
- l’art. 94 si riferisce ad una “preventiva autorizzazione” per le opere in zone sismiche, sicché la procedura deve essere inequivocabilmente completata prima dell’esecuzione dell’intervento, nel rispetto delle formalità richieste.
Il Consiglio di Stato ricorda che, in passato, la giurisprudenza ha ammesso che l’autorizzazione sismica potesse intervenire anche dopo il rilascio del permesso di costruire o il deposito della SCIA e dunque che fosse condizione per l’inizio dei lavori e non già per il rilascio o deposito del titolo edilizio.[3]
Più di recente, valorizzando la previsione dell’art. 20 del TUE, secondo cui la dichiarazione del progettista in sede di istanza deve anche asseverare il rispetto delle norme di settore, pare essersi consolidato il riconoscimento di un rapporto di presupposizione tra titoli, che trova conferma nella clausola di rinvio con cui si apre l’art. 94 che reca: “Fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio …..”, intendendo evidentemente che esso dovrà essere comunque conseguito, in aggiunta all’autorizzazione sismica, qualora la tipologia dell’intervento da eseguire lo richieda.
La giurisprudenza più recente ha dunque affermato che in assenza del titolo attestante la conformità alla disciplina antisismica, il permesso di costruire è in ogni caso inefficace, ovvero non idoneo a legittimare le opere a suo tempo realizzate.[4]
Il rilascio della sanatoria di cui all’art. 36 del dpr 380/2001 è sottoposto al principio della doppia conformità. In ragione di tale esplicita scelta del legislatore, la sanatoria ordinaria si applica ai soli abusi “formali”, ossia dovuti alla carenza del titolo abilitativo, rendendo così palese la ratio ispiratrice della previsione “anche di natura preventiva e deterrente”, finalizzata a frenare l’abusivismo edilizio.[5]
Non sono più ritenute possibili letture “sostanzialiste” finalizzate a legittimare la regolarizzazione di opere in contrasto con la disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione, ma con essa conformi al momento della presentazione dell’istanza per l’accertamento di conformità.
Le disposizioni di cui al capo IV della parte II del TUE recante, “Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche”, contengono prescrizioni aggiuntive, e non alternative, a quelle generali per l’edilizia, e ciò per i giudici di Palazzo Spada è confermato sia dall’utilizzo dell’aggettivo “particolari”, sia dalla sistematica delle norme, collocate nella Parte II dello stesso Testo unico, che concerne la “Normativa tecnica per l’edilizia”.
La regola della doppia conformità vale anche per la normativa antisismica, costituendo, per gli interventi in zona sismica, un principio fondamentale delle materie “governo del territorio” e “protezione civile”.[6]
Ma la carenza del titolo sismico preventivo non si risolve necessariamente in un rigetto della sanatoria edilizia qualora la parte dimostri di poterlo conseguire e di averlo in concreto richiesto, seppure in maniera postuma. Purché, sottolinea il Consiglio di Stato, si rispetti la connotazione di abuso “formale” (dunque si accerti la doppia conformità) anche per l’abuso strutturale[7].
Ciò implica in primo luogo e quale inevitabile conseguenza, che trattandosi di doppia conformità, deve comunque escludersi ogni possibilità di sanatoria “condizionata”, che preveda l’esecuzione di interventi di adeguamento. Le variegate prassi di senso opposto di cui consta la diffusione negli uffici comunali è da ritenersi evidentemente illegittima[8].
Negando in toto l’ammissibilità di un’autorizzazione sismica postuma, essendo nota l’estensione del territorio soggetto alla relativa tutela in Italia, si rischierebbe di addivenire ad una sorta di interpretatio abrogans dell’art. 36 del dpr 380, in fatto difficilmente utilizzabile.
La giurisprudenza penale ha categoricamente escluso che la sanatoria sismica abbia effetti estintivi del reato per i corrispondenti illeciti,[9] poiché manca una norma sul modello di quella prevista dell’art. 45, comma del TUE che dispone “il rilascio del permesso di costruire in sanatoria estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti”.
Il deposito postumo allo sportello unico degli elaborati del progetto sismico/strutturale e il rilascio della sanatoria sismica, non comporta l’estinzione del reato di omesso deposito preventivo e violazione alla specifica disciplina. Il reato resta, a prescindere dalla violazione sostanziale delle norme tecniche che disciplinano l’edificazione nelle zone sismiche.
Nel silenzio della legge e in assenza di un procedimento amministrativo tipizzato per la sanatoria sismica/strutturale, la giurisprudenza ha cercato di colmare la lacuna presente nell’ordinamento.
Con l’articolata sentenza n. 3645/2024, la seconda sezione del Consiglio di Stato opera una ricostruzione della materia evidenziando le difficoltà di individuare un procedimento amministrativo. Nelle more di indicazioni nazionali, per il Collegio, la lacuna potrebbe essere colmata dalle Regioni e, per quanto di competenza, dei Comuni, con una regolamentazione a monte che garantisca la preventiva conoscenza delle regole quale esemplificazione massima del principio di trasparenza dell’azione amministrativa.
Secondi i principi espressi dal Consiglio di Stato:la sanatoria sismico/strutturale è ammissibile purché sia rispettato il requisito della doppia conformità. Considerato che nel tempo le regole tecniche funzionali alla tutela di settore sono state rafforzate, il riferimento alle stesse al momento della richiesta di sanatoria comporta un’elevazione della soglia delle tutele e ciò che renderebbe inutilmente e sproporzionatamente punitiva la demolizione ad ogni costo;
negando l’ammissibilità dell’autorizzazione sismica postuma, renderebbe pressoché inutilizzabile l’art. 36 del TUE “si rischierebbe di addivenire ad una sorta di interpretatio abrogans dell’art. 36 del dpr 380”;
la sanatoria non può essere condizionata all’esecuzione opere postume di adeguamento strutturale. La sanatoria condizionata si porrebbe in contrasto col principio della doppia conformità che deve essere presente al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria;
l’art. 98, comma 3, del TUE, ammette la regolarizzazione dell’abuso in materia sismica, laddove consente al giudice penale di impartire, in luogo della demolizione delle opere o delle parti di esse costruite in difformità alle norme antisismiche, le prescrizioni necessarie per renderle conformi alle stesse, fissando il relativo termine. Si tratta di una riserva di competenza del giudice penale;
la sanatoria sismica non comporta l’estinzione la contravvenzione sismica che punisce l’omesso preventivo deposito degli elaborati di progetto in quanto l'effetto estintivo è limitato dall'art. 45 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 alle sole contravvenzioni urbanistiche.
La sentenza è consultabile al link https://portali.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza?nodeRef=&schema=cds&nrg=202309241&nomeFile=202403645_11.html&subDir=Provvedimenti
Note
[1] Cfr. C. Stato n. 3096/2021; C. Stato n. 4142/2021
[2] La Cass. pen. n. 2357/2023 si è espressa nel senso che il requisito della doppia conformità ai fini della sanatoria edilizia è escluso nel caso di violazione della normativa antisismica; TAR Campania-Napoli n. 3450/2022; TAR Campania-Napoli n. 1347/2021
[3] Cons. Stato, sez. IV, n. 6738/2018
[4] Cons. Stato, sez. VI, n. 3086/2021
[5] Cons. Stato, sez. IV, n. 6657/2012
[6] Corte cost. n. 2/2021, che richiama anche la precedente sentenza n. 290/2019
[7] Il Consiglio di Stato nella sentenza n. 3645/2024 qui trattata, richiama, a sostegno delle proprie conclusioni, la pronuncia della Corte Costituzionale n. 2/2021. Si riporta il seguente passaggio del punto 22: “Di fatto, dunque, si è a contrario ammessa espressamente la sanatoria sismica, purché essa consegua all’accertamento della conformità delle strutture alle norme tecniche vigenti sia al momento dell’adozione del provvedimento sanante (secondo l’ordinario canone del tempus regit actum), sia al momento della realizzazione dell’opera, in estensione della previsione (in verità eccezionale) della doppia conformità edilizia alla diversa ipotesi di assenza del (o difformità dal) titolo sismico. Tenuto conto che nel tempo le regole tecniche funzionali alla tutela di settore hanno subito un comprensibile rafforzamento, il riferimento alle stesse al momento della richiesta di sanatoria non può che risolversi, peraltro, anche in un’elevazione della soglia delle tutele, che rende inutilmente e sproporzionatamente punitiva la demolizione ad ogni costo.”
[8] . L’art. 98, comma 3 ultima parte, del Tue, crea una riserva di competenza a favore del giudice penale ad impartire le prescrizioni di adeguamento alle normative sismico/strutturali, dell’opera che non venga demolita.
[9] Cass., sez. 3, 7 maggio 2019, n. 19196; Cass. sez. 3, 13 novembre 2018, n. 54707