Modifica delle risalenti concessioni cimiteriali perpetue in concessioni temporaneeo
È possibile individuare in capo al Comune il potere amministrativo di modificare le risalenti concessioni cimiteriali perpetue in concessioni temporanee? È il quesito, di notevole importanza pratica, affrontato e risolto dal Consiglio di Stato, (Sez. VII), nella sentenza del 4 marzo 2024, n. 2111
20 MARZO 2024
di M. Petrulli
È possibile individuare in capo al Comune il potere amministrativo di modificare le risalenti concessioni cimiteriali perpetue in concessioni temporanee? È il quesito, di notevole importanza pratica, affrontato e risolto dal Consiglio di Stato, sez. VII, nella sent. 4 marzo 2024, n. 2111.
La giurisprudenza
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione Civile, nella sent. 7 ottobre 1994, n. 8197, hanno affermato che “…nel nostro ordinamento, il diritto sul sepolcro già costruito nasce da una concessione da parte dell’autorità amministrativa di un’area di terreno (o di una porzione di edificio) in un cimitero pubblico di carattere demaniale (art. 824 c.c.) e tale concessione, di natura traslativa, crea, a sua volta, nel privato concessionario, un diritto soggettivo perfetto di natura reale, e perciò, opponibile, iure privatorum, agli altri privati, assimilabile al diritto di superficie, che si affievolisce, degradando ad interesse legittimo, nei confronti della P.A. nei casi in cui esigenze di pubblico interesse per la tutela dell’ordine e del buon governo del cimitero, impongono o consigliano alla P.A. di esercitare il potere di revoca della concessione…”.
Il Consiglio di Stato, preso atto che il cd. ius sepulchri costituisce, nei confronti della Pubblica Amministrazione concedente, un “diritto affievolito in senso stretto” ammette che esso debba soggiacere ai poteri regolativi e conformativi di stampo pubblicistico, inclusi quelli autoritativi della P.A. concedente a fronte dei quali sono configurabili “…solo interessi legittimi, atteso che dalla demanialità del bene discende l’intrinseca cedevolezza del diritto, che trae origine da una concessione amministrativa su un bene pubblico…”[1].
Anche il Consiglio di Giustizia Amministrativa ha riconosciuto che, in presenza di gravi e significative ragioni di interesse pubblico, quale ad esempio l’insufficienza del cimitero a soddisfare le esigenze di sepoltura e l’impossibilità di ampliarlo o di destinare a cimitero altre aree comunali possa “…essere esercitato il potere di revoca dello ius sepulchri, che compete in via generale nei confronti di concessioni rilasciate su beni demaniali comunali, nell’ambito dei quali, ai sensi dell’art. 824, comma 3, cod. civ., rientrano i cimiteri, perché atti dispositivi, in via amministrativa, non possono configurarsi senza limiti di tempo e la concessione da parte di un comune di area del cimitero pubblico è assoggettata al regime demaniale dei beni indipendentemente dalla perpetuità del diritto di sepolcro…”[2].
Le conclusioni del Consiglio di Stato
I giudici di Palazzo Spada, nella sentenza segnalata, hanno concluso che il principio ricavabile dalle pronunzie richiamate è che la pubblica amministrazione possa sempre modificare il contenuto dei titoli concessori e/o autorizzatori relativi ad aree demaniali cimiteriali originariamente rilasciati, così come revocare le concessioni su aree demaniali cimiteriali; dunque, a maggior ragione va riconosciuta la possibilità di modificare queste ultime da perpetue in temporanee, anche in ragione della naturale revocabilità del provvedimento di concessione del bene demaniale.
L’unico argomento contrario in tal senso potrebbe infatti estrapolarsi da una lettura “in negativo” dell’art. 92[3] del D.P.R. n. 285/1990, che, disciplinando la revoca delle concessioni cimiteriali, non contempla, fra quelle revocabili, le concessioni perpetue; il che dovrebbe sottintendere la volontà del legislatore di renderle irrevocabili, attribuendogli una sorta di intangibilità ex lege.
Vi sono, tuttavia, plurime ragioni che inducono a disattendere questa opzione, prima delle quali è che, vigendo per le concessioni in generale, e per quelle demaniali in particolare, la regola della normale revocabilità, siffatta previsione eccezionale avrebbe dovuto essere espressamente contemplata dal legislatore, al cui silenzio sul punto – stando così le cose – giammai si potrebbe attribuire il preteso inequivoco valore esonerativo.
Oltre ad essere distonico con la generale revocabilità della concessione, il sostenere che l’irrevocabilità delle concessioni perpetue trovi conferma nell’art. 92 del D.P.R. n. 285/1990 (rectius: nel suo silenzio) risulta anche improprio alla luce dell’oggetto di questa disposizione, che limitandosi a disciplinare la sola revoca delle concessioni a tempo determinato, non sembra possa avere la prospettata portata generalista. Aggiungasi che, laddove forzosamente gliela si volesse attribuire, questa estensione includerebbe anche, e forse soprattutto, la prima parte della disposizione che, affermando espressamente che le concessioni cimiteriali sono sempre a durata determinata, finirebbe per dimostrare l’esatto contrario, e cioè che la norma avrebbe prodotto una conversione legale generalizzata di tutte le concessioni perpetue in concessioni temporanee.
In conclusione, si può pacificamente affermare pertanto che, nella legislazione vigente, non esiste alcuna norma che, espressamente, neghi o consenta la revoca delle concessioni perpetue; il che significa che occorre riferirsi in via residuale ai principi che regolano l’istituto della concessione in generale. E poiché nel sistema, è quasi superfluo ribadirlo, indiscutibilmente vige la regola –precipitata dalla stessa loro funzione – che le concessioni siano normalmente revocabili, ed a fortiori che lo siano quelle su beni demaniali, da ciò consegue la legittimità di un intervento comunale che, o con singolo atto con conseguente applicazione di tutti i principi dell’istituto della revoca, o, preferibilmente attraverso una regolamentazione generale astratta, come nel caso di specie, trasformi le concessioni originariamente perpetue in concessioni temporanee.
D’altronde, tale possibilità di conversione è assolutamente coerente con la natura del potere concessorio, che giammai potrebbe consentire alla P.A. di consegnare in modo irreversibile un bene demaniale (e, quindi, di assegnargli un vantaggio) al privato, senza riservarsi la possibilità di ritornare sulle sue determinazioni. Questo, infatti, stravolgerebbe la funzione stessa del rapporto concessorio, la cui permanenza in vita ha senso finché è attuale l’interesse pubblico al suo mantenimento. La qual cosa, a sua volta, presuppone la conservazione, in capo alla P.A., del potere di valutarne la convenienza pubblica per tutta la sua durata.
Del resto, sia pure in relazione ad un’ipotesi eccezionale, la possibilità di convertire il rapporto è riconosciuta dallo stesso D.P.R. n. 285 del 1990 all’art. 98[4] che, in caso di demolizione del cimitero, riconosce ai titolari di una concessione perpetua ivi rilasciata il diritto di convertirla in una temporanea della durata di novantanove anni, su di un’area, da individuare, del nuovo cimitero.
Note
[1] Sez. V, sent. 23 novembre 2018, n. 6643; sent. 26 settembre 2022, n. 8248.
[2] C.G.A.R.S., sez. giurisdizionale, sent. 16 aprile 2015, n. 321.
[3] Art. 92
1. Le concessioni previste dall’art. 90 sono a tempo determinato e di durata non superiore a 99 anni, salvo rinnovo.
2. Le concessioni a tempo determinato di durata eventualmente eccedente i 99 anni, rilasciate anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 21 ottobre 1975, n. 803, possono essere revocate, quando siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima salma, ove si verifichi una grave situazione di insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno del comune e non sia possibile provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla costruzione di nuovo cimitero. Tutte le concessioni si estinguono con la soppressione del cimitero, salvo quando disposto nell’art. 98.
3. Con l’atto della concessione il comune può importare ai concessionari determinati obblighi, tra cui quello di costruire la sepoltura entro un tempo determinato pena la decadenza della concessione.
4. Non può essere fatta concessione di aree per sepolture private a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro e di speculazione.
[4] Art. 98
1. In caso di soppressione del cimitero gli enti o le persone fisiche concessionari di posti per sepolture private, con i quali i comuni siano legati da regolare atto di concessione, hanno soltanto diritto ad ottenere a titolo gratuito, nel nuovo cimitero, per il tempo residuo spettante secondo l’originaria concessione, o per la durata di 99 anni nel caso di maggiore durata o di perpetuità della concessione estinta, un posto corrispondente in superficie a quello precedentemente loro concesso nel cimitero soppresso ed al gratuito trasporto delle spoglie mortali dal soppresso al nuovo cimitero, da effettuare a cura del comune.
2. Le spese per la costruzione o per il riadattamento dei monumenti sepolcrali e quelle per le pompe funebri che siano richieste nel trasferimento dei resti esistenti nelle sepolture private sono tutte a carico dei concessionari, salvo i patti speciali stabiliti prima della data di entrata in vigore del presente regolamento.