Analisi della sentenza del Consiglio di Stato, sez.VI, del 30 novembre 2023 n. 10335
13 DICEMBRE 2023
di Valeria Tarroni
Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza 30 novembre 2023 n. 10335
Nel settore edilizio, l’interesse privato, ancorché fondato su di un legittimo affidamento, non può trovare alcuna forma di tutela o bilanciamento con il preminente interesse collettivo e generale al rispetto della legalità e alla repressione di qualsivoglia forma di abuso. Ne deriva che, in forza del predetto interesse generale inderogabile, non si può ammettere l’esistenza di un legittimo affidamento del privato, la cui tutela porterebbe ad una situazione paradossale di tutela alla conservazione di un abuso.
L’affidamento riposto da un privato nella legittimità di atti amministrativi in linea di principio, anche se giustificabile – e in tal senso legittimo -, non è idoneo di per sé solo a giustificare il mantenimento in vita di atti amministrativi illegittimi: l’unica eccezione a tale principio è enunciata nell’art. 21 nonies della L. n. 241/90, che preclude l’annullamento di un atto illegittimo trascorso un determinato termine, salvo che non ricorrano le particolari circostanze indicate nel comma 2 bis (false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato), in presenza delle quali l’atto amministrativo illegittimo è annullabile in ogni tempo.
La ragione per cui non si può far luogo ad annullamento di un atto amministrativo, ancorché illegittimo, trascorso un determinato periodo di tempo (ora 12 mesi dall’adozione dell’atto) risiede nell’esigenza di tutelare l’affidamento riposto dal privato sulla legittimità dell’atto, che si presume assistito da legittimità.
L’affidamento viene tutelato solo quando sia stato qualificato dalla precedente adozione di un atto illegittimo, che abbia ampliato la sfera giuridica del destinatario: durante i primi 12 mesi, dalla adozione dell’atto illegittimo, il legislatore ritiene recessivo l’affidamento del privato e preminente l’interesse pubblico all’annullamento.
Il principio è stato espresso dalla VI Sezione del Consiglio di Stato, sentenza n. 10335/2023, in una vicenda relativa alla realizzazione da parte di un privato di strutture (un chiosco e un dehors adibiti alla somministrazione di alimenti e bevande) su suolo pubblico, avvenuta per prassi del Comune, con la sola concessione di occupazione del suolo pubblico, senza il necessario preventivo permesso di costruire. Manufatti poi oggetto di diniego di permesso di costruire in sanatoria e di ordinanza di rimozione.
Il Consiglio di Stato ha affermato che l’affidamento riposto solo su una prassi, o comunque su comportamenti che avrebbero indotto il privato nell’erronea convinzione che non fossero necessari dei titoli edilizi per legittimare i manufatti, non può essere tutelato con l’annullamento degli atti di diniego della sanatoria edilizia coi quali il Comune non ha annullato in autotutela alcun atto precedente, ma ha invece, legittimamente negato i permessi di costruire e, poi, sanzionato con l’ordine di rimozione i manufatti realizzati in assenza del necessario titolo edilizio.
Ciò non significa, affermano ancora i giudici che il comportamento tenuto dal Comune sia scevro da qualsiasi conseguenza: esso potrebbe, eventualmente, essere valutato ai fini di una eventuale azione risarcitoria; ma non può essere valutato quale causa di illegittimità degli atti impugnati.
La sentenza è consultabile in https://www.giustizia-amministrativa.it