Vengono analizzati in maniera approfondita i due orientamenti giurisprudenziali riguardanti la disciplina del permesso di costruire
5 GIUGNO 2023
di M. Petrulli
La possibilità di concedere la proroga del permesso di costruire nel caso in cui sia sopravvenuta una disciplina urbanistica incompatibile con l’edificazione originariamente assentita con il titolo edilizio è un argomento che presenta contrasti giurisprudenziali e che merita un breve approfondimento.
Preliminarmente, riportiamo l’art. 15 (rubricato Efficacia temporale e decadenza del permesso di costruire), comma 2 e comma 4, del Testo Unico Edilizia (DPR n. 380/2001):
“2. Salvo quanto previsto dal quarto periodo, il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l'opera deve essere completata, non può superare tre anni dall'inizio dei lavori. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga. La proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole dell'opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all'inizio dei lavori, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari. Per gli interventi realizzati in forza di un titolo abilitativo rilasciato ai sensi dell’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, il termine per l’inizio dei lavori è fissato in tre anni dal rilascio del titolo.
[…]
4. Il permesso decade con l’entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche, salvo che i lavori siano già iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio.”
Leggi anche:
Parte 2 >> Concedibile la proroga del permesso di costruire nel caso di sopravvenuta disciplina urbanistica incompatibile: analisi sentenza del Tar Liguria, sez. I, del 18 maggio 2023, n. 522
Parte 3 >> Quesito risolto: concedibilità della proroga del permesso di costruire in caso di sopravvenuta incompatibilità urbanistica
Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, nell’ipotesi di sopravvenienza pianificatoria incompatibile, se i lavori siano in corso al momento di entrata in vigore della nuova regolamentazione, la fattispecie decadenziale non matura ed il termine finale può essere prorogato in presenza dei presupposti delineati in via generale dal comma 2, id est il tempestivo inizio dell’intervento e l’impossibilità di portarlo a compimento per cause di forza maggiore o, comunque, indipendenti dalla volontà dell’interessato (Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 21 dicembre 2021, n. 8477; TAR Puglia, Lecce, sez. III, sent. 7 luglio 2008, n. 2057; TAR Liguria, sez. I, sent. 18 maggio 2023, n. 522).
In particolare, secondo il TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 27 agosto 2014, n. 2262: ““…la ratio dell'articolo 15, comma 4 del d.P.R. n. 380 del 2001 è quella di assicurare l'esigenza di garantire l'indefettibile applicazione delle sopravvenute previsioni pianificatorie, in quanto volte ad un più razionale assetto del territorio (Cons. Stato, Sez. IV, 7 settembre 2011, n. 5028). A fronte di tale rilevante interesse pubblico, il legislatore ha inteso stabilire esattamente, già a livello di normazione primaria, il punto di bilanciamento rispetto al contrapposto interesse del privato che, alla data di entrata in vigore del piano, sia munito di un titolo edilizio in contrasto con il nuovo strumento. In tale prospettiva, la disciplina normativa vigente stabilisce che, ordinariamente, l'interesse del privato assuma carattere recessivo, dovendo obbligatoriamente dichiararsi la decadenza del titolo incompatibile con il piano successivamente entrato in vigore, salva l'ipotesi - da considerare come eccezione rispetto alla regola della decadenza (Cons. Stato, Sez. IV, n. 5028 del 2011, cit.) - in cui l'interessato abbia già dato avvio all'intervento cui era stato autorizzato. Ciò all'evidente scopo di evitare che possano rimanere incompiute edificazioni che abbiano ormai determinato una significativa trasformazione dello stato dei luoghi e, inoltre, al fine di tutelare l'affidamento particolarmente qualificato di colui che non solo sia munito del titolo (condizione, questa, di per sé non sufficiente), ma abbia realmente cominciato a darvi esecuzione, impegnando per tale finalità le proprie risorse”.
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Diversamente, secondo un altro orientamento, l’istituto della proroga non è comunque applicabile ai casi di sopravvenienza di disciplina urbanistica incompatibile: in tal senso si è espresso il TAR Veneto, sez. II, nella 12 marzo 2015, n. 301.
I giudici veneti hanno richiamato, a supporto, la risalente pronuncia n. 19101/2008 della Corte di Cassazione, sez. III pen., nella quale era stato affermato quanto segue: “Va anzitutto sottolineato che le norme sulla proroga devono considerarsi di stretta interpretazione, perché costituiscono una deroga alla disciplina generale dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori assentiti, la quale è dettata per assicurare la regolarità urbanistica dell'attività di trasformazione del territorio, in modo da evitare che una edificazione autorizzata nel vigore di un determinato regime urbanistico venga realizzata quando il mutato regime non la consente più. Orbene, per quanto interessa il caso di specie, la disciplina consente la proroga, con provvedimento motivato, soltanto quando siano sopravvenuti fatti estranei alla volontà del titolare della concessione o del permesso di costruire, che impediscono in modo assoluto il rispetto dei termini prescritti. In conformità del predetto criterio ermeneutico, il Consiglio di Stato ha precisato che "in materia di concessione edilizia, la domanda di proroga del termine di ultimazione dei lavori stabilito nella concessione deve fondarsi su circostanze sopravvenute ed estranee alla volontà del concessionario, che abbiano reso obiettivamente impossibile concludere l'attività edificatoria" (C. St., Sez. V, n. 300 del 1.3.1993, Comune di Camaiore e. [omissis]). La consolidata giurisprudenza amministrativa ha individuato questo impedimento nel factum principis (come un'ordinanza di sospensione dei lavori, o un sequestro del cantiere, rivelatisi poi illegittimi) o nella causa di forza maggiore (come una pubblica calamità). Secondo la ratio che governa l'istituto, peraltro, la proroga non può essere più accordata quando siano sopravvenute previsioni urbanistiche incompatibili con l'intervento assentito. Nient'altro che questo, infatti, è il significato della succitata disposizione (che è - si ripete - di stretta interpretazione), secondo cui il permesso di costruire decade quando entra in vigore una disciplina urbanistica contraria, a meno che i lavori siano stati già iniziati e vengano completati nel termine ordinario dei tre anni. In altre parole, il termine decadenziale non ammette proroga quando il regime urbanistico sopravvenuto non consente più la realizzazione dell'intervento”.