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Finalità e distinzione tra perequazione urbanistica e compensazione urbanistica

Analisi della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, del 22 maggio 2023, n. 5044 che fornisce chiarimenti su perequazione e compensazione

31 MAGGIO 2023

A cura di Valeria Tarroni

Sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, del 22 maggio 2023, n. 5044

Premessa

La perequazione è una tecnica che si è diffusa nella pianificazione urbanistica allo scopo di uniformare il valore edificatorio di tutte le aree interessate ad un determinato intervento di trasformazione urbanistica del territorio comunale, a prescindere dalla reale localizzazione della capacità edificatoria delle singole proprietà e dai vincoli conformativi attribuiti dal Piano Urbanistico Generale, al fine di incentivare la collaborazione tra i proprietari nella realizzazione delle scelte della pianificazione e garantire all’amministrazione le aree da destinare ai servizi ed opere pubbliche.
La compensazione, a differenza della perequazione, non ha quale precipua finalità quella di mitigare le disuguaglianze che si producono con la pianificazione urbanistica: esso semplicemente mira ad individuare una forma di remunerazione alternativa a quella pecuniaria per i proprietari dei suoli privati destinati all’espropriazione per la realizzazione della c.d. “città pubblica”, consistente nell’attribuzione di diritti edificatori che potranno essere trasferiti, anche mediante cessione onerosa, ai proprietari delle aree destinate all’edificazione.
Perequazione e compensazione sono due strumenti affini e in qualche modo complementari nella pianificazione urbanistica.

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Base normativa

La normativa nazionale in materia di pianificazione urbanistica sono tutt’ora la LUN 1150 del 1942 e il D.M. 1444 del 1968 sugli standard urbanistici, che non contengono alcun riferimento agli istituti della perequazione e della compensazione urbanistica.
In assenza di una riforma organica statale (in cantiere da molto tempo ma che non vede mai la luce) che superi il riferimento tradizionale imperniato su: pianificazione territoriale-vincoli espropriativi-lavori pubblici e fornisca riferimenti e principi precisi che tengano conto dei pronunciamenti già espressi dalla giurisprudenza, la “tecnica perequativa-compensativa” è stata introdotta e sperimentata dalle leggi urbanistiche regionali a partire dalla fine degli anni novanta, secondo diversi modelli che in linea generale non hanno carattere stringente, ma possono essere, per determinati aspetti, adattati dai Comuni alle specifiche esigenze della pianificazione. Tali istituti trovano fondamento in due principi generali dell’ordinamento, che travalicano le previsioni contenute nelle diverse leggi regionali:
- la potestà conformativa del diritto proprietà di cui è titolare l’Amministrazione nell’esercizio della propria attività di pianificazione, ai sensi dell’articolo 42, comma 1, Costituzione;
- la possibilità di utilizzare modelli consensuali per il perseguimento di finalità di interesse pubblico, secondo quanto previsto dagli articoli 1, comma 1-bis e 11 della legge n. 241 del 1990.
Sugli istituti della perequazione-compensazione si è di recente pronunciato il Consiglio di Stato, Sez. IV, con sentenza del 22 maggio 2023, n. 5044 (che respinge appello e conferma TAR Emilia-Romagna-Parma, sentenza n. 332/2016).

L’appello è promosso da alcuni proprietari di aree edificabili che avevano in primo grado chiesto l’annullamento degli atti di approvazione del Piano Strutturale Comunale e del Regolamento Urbanistico Edilizio, per essere le loro aree assoggettate a perequazione, anziché ritenute libere da condizionamenti perequativi, essendo inserite in un contesto già urbanizzato.

I principi di interesse generale che si ricavano dalla sentenza sono i seguenti.

  • Per pacifica giurisprudenza, la destinazione a verde pubblico, data dallo strumento urbanistico ad aree di proprietà privata, non implica l’imposizione sulle stesse di un vincolo espropriativo, ma solo di un vincolo conformativo, che è funzionale all’interesse pubblico generale conseguente alla zonizzazione effettuata dallo strumento urbanistico e i vincoli di destinazione per attrezzature e servizi, fra i quali rientra ad esempio il verde pubblico attrezzato, realizzabili anche ad iniziativa privata o promiscua in regime di economia di mercato, hanno carattere particolare, ma sfuggono allo schema ablatorio e alle connesse garanzie costituzionali in termini di alternatività tra indennizzo e durata predefinita, non costituendo vincoli espropriativi, bensì soltanto conformativi, funzionali all'interesse pubblico generale (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 febbraio 2022 n. 1142; Sez. II, 24 ottobre 2020, n. 6455).
  • Secondo principi consolidati nella giurisprudenza amministrativa, l’istituto della perequazione urbanistica (come del resto si desume dal chiaro tenore letterale dell’art. 7 della l.r. 20/2000 della Emilia Romagna, vigente ratione temporis) è finalizzato a distribuire equamente i diritti edificatori tra tutte le proprietà ricomprese all'interno dei medesimi ambiti, onde eliminare le diseguaglianze prodotte dalla pianificazione tradizionale tra proprietari di aree aventi caratteristiche simili.
  • La perequazione urbanistica ha la precipua finalità di mitigare le disuguaglianze che si producono per effetto della pianificazione urbanistica e in questo si differenzia dalla compensazione urbanistica che consente invece di individuare, per i proprietari dei suoli destinati all'espropriazione, una forma di remunerazione alternativa a quella pecuniaria, consistente nell'attribuzione di diritti edificatori che potranno essere trasferiti, anche mediante cessione onerosa ai proprietari delle aree destinate all'edificazione.
Il testo della sentenza è disponibile al seguente link: https://www.ediliziaurbanistica.it/doc/10279255