Per i pannelli fotovoltaici non valgono più le categorie estetiche del passato sulla compatibilità con il vincolo paesaggistico
Commento della sentenza del TAR Abruzzo, L’Aquila, Sez. I, del 20 aprile 2023, n. 214
4 MAGGIO 2023
Di Valeria Tarroni
Il TAR Abruzzo, L’Aquila, con la sentenza n. 214/2023, afferma che nella realizzazione di nuovi impianti di produzione di energia alimentati da fonti rinnovabili, devono essere rigorosamente soppesati e bilanciati gli interessi pubblici antagonistici, entrambi di matrice ambientale: da un lato la tutela del paesaggio, d'altro lato la promozione delle fonti energetiche rinnovabili, finalizzate al contenimento ed alla riduzione dei fenomeni di inquinamento.
Nel bilanciamento degli interessi, la prevalenza va data all’interesse pubblico alla realizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e inquinanti, qualificati dalla legislazione vigente come opera di pubblica utilità che la legge incentiva e che sono favoriti dalla legislazione di rango statale e comunitario.
La sentenza è di interesse generale al di là del caso specifico trattato, per le considerazioni che svolge a conferma dell’orientamento che si è affermato in giurisprudenza, secondo il quale ai pannelli fotovoltaici non si possono applicare le categorie estetiche del passato, essendo la loro presenza (pur innovando la tipologia e morfologia della copertura), non è più percepita come fattore di disturbo visivo, ma come un’evoluzione dello stile costruttivo accettata dall’ordinamento e dalla sensibilità costruttiva.
L'impedimento assoluto all'installazione di impianti fotovoltaici in zone sottoposte a vincolo paesaggistico può essere riconosciuto unicamente in "aree non idonee" espressamente individuate dalla Regione.
La vicenda
Oggetto del ricorso al TAR di L’Aquila è la richiesta di annullamento parziale di un’autorizzazione paesaggistica relativa ad un intervento di manutenzione straordinaria di un fabbricato composto da tre unità abitative, con adesione al “Sperbonus del 110%”. L’annullamento è richiesto limitatamente alla sola parte dell’autorizzazione che esclude l’assenso per i lavori di installazione di pannelli fotovoltaici sul tetto in coppi, come da parere negativo della Soprintendenza.
Il fabbricato ricade nelle aree di tutela dei beni di notevole interesse pubblico di cui all'art. 136, comma 1, lett. c) e d) del D.Lgs. 42/2004 per effetto di specifico decreto ministeriale del 1977 successivamente integrato e nelle aree di interesse paesaggistico ai sensi dell’art. 142, c. 1, lett. f) del Codice in quanto ricompreso all’interno del perimetro del Parco Nazionale della Majella.
Per la Soprintendenza la presenza dei pannelli fotovoltaici non risulterebbe compatibile con l’immagine tradizionale del tetto in coppi di laterizio in ragione della particolare ubicazione paesaggistica dell’edificio in quanto risulterebbero di notevole percezione e di rilevante impatto paesaggistico, “non compatibile con l'insieme articolato dei livelli di tutela paesaggistica”.
Per i ricorrenti la Soprintendenza non avrebbe effettuato un bilanciamento dell'interesse alla tutela paesaggistica con l'esigenza perseguita con l’installazione di apparecchiatura destinata alla produzione di energia rinnovabile.
Inoltre, il diniego dell’autorizzazione all’installazione di un impianto fotovoltaico, sarebbe priva di motivazione analitica e ben approfondita a supporto del diniego stesso, al fine di far effettivamente comprendere i motivi per i quali la semplice realizzazione dei pannelli è incompatibile con i valori paesaggistici, architettonici e ambientali di riferimento.
La decisione del TAR
Il TAR di l’Aquila, premesso che il parere della Soprintendenza essendo espressione dell'ampia discrezionalità tecnica è sindacabile solo nei ristretti limiti costituiti dalla manifesta illogicità ed evidente travisamento dei fatti, fonda l’accoglimento del ricorso sulle seguenti considerazioni:
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per costante giurisprudenza, l’autorizzazione paesaggistica deve contenere una sufficiente esternazione delle peculiari ragioni per le quali si ritiene che un’opera non sia idonea a inserirsi nell'ambiente, attraverso l’esame delle sue caratteristiche concrete e l’analitica individuazione degli elementi di contrasto con il vincolo da tutelare;
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le ragioni del diniego devono essere ancora più puntuali qualora l’autorizzazione richiesta riguardi la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, nei cui confronti l’ordinamento esprime un chiaro favore (l’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 qualifica di pubblica utilità le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili; l’art. 11 del d.lgs. n. 28/2011 stabilisce l’obbligo di integrare le fonti rinnovabili negli edifici di nuova costruzione e negli edifici esistenti sottoposti a ristrutturazioni rilevanti, come già l’art. 4 co. 1-bis del d.P.R. n. 380/2001);
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la valutazione richiesta ai fini della tutela del vincolo paesaggistico non può ridursi all'esame dell’ordinaria contrapposizione interesse pubblico/interesse privato, ma deve farsi carico di tutti gli interessi pubblici coinvolti e favorire la soluzione che consenta, ove possibile, la realizzazione dell’intervento con il minor sacrificio dell’interesse paesaggistico nella sua declinazione meramente estetica;
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il favor legislativo per le fonti energetiche rinnovabili richiede di concentrare l'impedimento assoluto all'installazione di impianti fotovoltaici in zone sottoposte a vincolo paesaggistico unicamente nelle "aree non idonee" espressamente individuate dalla Regione. Negli altri casi, la compatibilità dell'impianto fotovoltaico con il suddetto vincolo deve essere esaminata tenendo conto della circostanza che queste tecnologie sono ormai considerate elementi normali del paesaggio in quanto la presenza di impianti fotovoltaici sulla sommità degli edifici non è più percepita come fattore di disturbo visivo, bensì come un'evoluzione dello stile costruttivo accettata dall'ordinamento e dalla sensibilità collettiva;
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poiché il passaggio alla produzione di energia da fonti rinnovabili costituisce un obiettivo di interesse nazionale conforme al diritto eurounitario (v. art. 11 del d. lgs. 3 marzo 2011 n. 28), non è più possibile applicare ai pannelli fotovoltaici categorie estetiche tradizionali, le quali condurrebbero inevitabilmente alla qualificazione di questi elementi come intrusioni;
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essendo cambiato il quadro normativo, e anche la sensibilità collettiva verso l'utilizzo di energia da fonti rinnovabili, risulta inevitabilmente diverso anche il modo in cui sono valutate le modifiche all'aspetto tradizionale dei luoghi. Occorre quindi focalizzare l'attenzione sulle modalità con cui i pannelli fotovoltaici sono inseriti negli edifici che li ospitano e nel paesaggio circostante
In definitiva, sulla base delle considerazioni sopra riportate, il ricorso è stato accolto in quanto, come si legge nella sentenza che richiama varie pronunce costanti sul punto trattato, la Soprintendenza: “si è limitata a inferire, in via automatica ed apodittica, l'alterazione dell'equilibrio paesaggistico del contesto territoriale di riferimento dalla mera circostanza della prevista installazione di pannelli fotovoltaici senza farsi carico del dovuto bilanciamento fra tutela paesaggistica ed esigenze di sostenibilità energetica”.
Anziché suggerire la praticabilità di soluzioni alternative al posizionamento dei pannelli fotovoltaici sulla falda di copertura che non interferiscano con le visuali panoramiche ha espresso una valutazione radicalmente ostativa alla realizzazione dell’intervento progettuale ritenendo preclusa in assoluto l’installazione dei pannelli fotovoltaici ed invitando di fatto i ricorrenti ad optare per tecnologie e modalità di sfruttamento di fonti energetiche rinnovabili diverse da quella solare che possano risultare meno impattanti dal punto di vista paesaggistico.