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Permesso di costruire in sanatoria: legittimo il silenzio-diniego decorsi sessanta giorni dalla richiesta

Commento della sentenza della Corte Costituzionale del 16 marzo 2023, n. 42

24 MARZO 2023

Di Valeria Tarroni

Il Tar Lazio, Sez. Seconda bis, con ordinanza n. 8854/2021 aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 36, comma 3, d.P.R. n. 380 del 2001, nella parte in cui  prevede la formazione del silenzio-diniego sull’istanza di sanatoria edilizia decorsi sessanta giorni dalla sua presentazione. 

 
La questione di legittimità dell’art. 36, comma 3, sollevata in relazione agli artt. 3, 24 e 113 e 97 della Costituzione, si fondava sui seguenti profili:
 
l’inerzia dell’Amministrazione sull’istanza di sanatoria un effetto di diniego, introduce un sicuro elemento di incertezza nel rapporto tra cittadino e Soggetto pubblico, impedendo al primo di poter comprendere le ragioni della reiezione, e costringendolo, ove non presti adesione, a ricorrere ad una tutela giurisdizionale “al buio”, con aggravamento della propria posizione processuale, essendo il provvedimento per silenzio-diniego del tutto privo di motivazione;
 
la fictio legislativa (assenza di un vero e proprio provvedimento amministrativo) sarebbe contraria al principio di separazione dei poteri in quanto nel giudizio di impugnazione del silenzio-rigetto, si demanderebbe al giudice di pronunciarsi sull’istanza di sanatoria in prima battuta, sostituendosi all’amministrazione nell’esercizio del potere amministrativo;
 
i parametri  di buon andamento, imparzialità e trasparenza dell’Amministrazione per come declinati nella l. n. 241 del 1990, impongono all’Amministrazione di rispondere alle istanze dei privati in tempi certi, previo adeguato contraddittorio procedimentale, e con provvedimenti espressi e motivati.
 
La Corte Costituzionale dichiara inammissibili le questioni di legittimità incostituzionali dell’art. 36, comma 3 del dpr 380/2001 per la non compiuta ricostruzione della cornice normativa e giurisprudenziale di riferimento
 
In sintesi i  passaggi principali della sentenza della Corte
 
Inquadramento normativo del permesso di costruire in  sanatoria
 
L’art. 36 t.u. edilizia disciplina l’accertamento di conformità, vale a dire il permesso in sanatoria ottenibile per interventi realizzati in difetto del, o in difformità dal, titolo edilizio, alla condizione che le opere siano rispondenti alla disciplina urbanistico-edilizia vigente tanto al momento di realizzazione dell’opera, quanto al momento dell’istanza.
 
Il legislatore, dunque, consente in via generale la regolarizzazione postuma di abusi difettosi nella forma, ma non nella sostanza, in quanto privi di danno urbanistico. Secondo la giurisprudenza largamente prevalente, il procedimento ha quindi natura vincolata e manca ogni apprezzamento discrezionale.
 
L’istituto si distingue nettamente dalle ipotesi del condono edilizio in cui la legge, in via straordinaria e con regole ad hoc, consente di sanare situazioni di abuso, perpetrate sino ad una certa data, di natura sostanziale, in quanto difformi dalla disciplina urbanistico-edilizia (tra le altre, sentenze n. 68 del 2018, n. 232 e n. 50 del 2017).
 
L’onere di dimostrare la cosiddetta doppia conformità delle opere è a carico del richiedente. L’amministrazione è tenuta a pronunciarsi con adeguata motivazione entro sessanta giorni, decorsi i quali la richiesta “si intende rifiutata”.
 
La ratio del silenzio-rigetto e le motivazioni per le quali la Corte Costituzionale conferma il silenzio diniego 
 
In primo luogo il silenzio diniego risponde alla necessità della difesa del corretto assetto del territorio dagli abusi edilizi, la cui repressione costituisce attività doverosa per l’amministrazione (artt. 27 e 31 del d.P.R. n. 380 del 2001).
 
La legge impone all’autorità comunale di ordinare la demolizione delle opere abusive, senza gravarla della previa verifica della loro sanabilità e  pone in capo al privato – che, violando la legge, ha omesso di chiedere preventivamente il necessario titolo edilizio e si è, così, sottratto al previo controllo di conformità alla pianificazione urbanistica – l’onere di proporre l’istanza di sanatoria e quello di impugnare il suo eventuale diniego, anche tacito.
 
In secondo luogo, la definizione del procedimento di sanatoria con i tempi certi del silenzio-rigetto si coordina con la disposizione dell’art. 45 t.u. edilizia relativa alla persecuzione penale degli abusi edilizi. Questa disposizione prevede la sospensione del procedimento penale sino alla decisione amministrativa sull’istanza di titolo in sanatoria, in ragione dell’effetto estintivo dei reati contravvenzionali derivante dal suo accoglimento; ma, al contempo, tale sospensione richiede un contenimento temporale non potendo il processo penale arrestarsi sine die (Corte di cassazione, sezione terza penale, sentenze 21 novembre 2019-16 marzo 2020, n. 10083, 16 gennaio 2020-25 maggio 2020, n. 15752 e 18 gennaio 2006-23 marzo 2006, n. 10205).
 
Infine, la previsione del silenzio significativo è anche nell’interesse del privato al quale è in tal modo consentita una sollecita tutela giurisdizionale.

Il testo della sentenza è  visualizzabile sul sito:  https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2023&numero=42