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I dehor, gazebo e simili, devono rispettare le distanze legali?

I dehors, come i gazebo ed altre strutture similari, non sono costruzioni vere e proprie ma attrezzature speciali, come tali non sono soggette al regime delle distanze legali di cui al d.m. 1444/1968 e dunque alla verifica dei distacchi dai confini e dalle altre costruzioni

8 FEBBRAIO 2023

Di Valeria Tarroni

I dehors, come i gazebo ed altre strutture similari, non sono costruzioni vere e proprie ma attrezzature speciali, come tali non sono soggette al regime delle distanze legali di cui al d.m. 1444/1968 e dunque alla verifica dei distacchi dai confini e dalle altre costruzioni.

E’ quanto chiarisce il Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza del 10/3/2023 n. 304, che conferma il T.a.r. Lazio, sezione staccata di Latina, sentenza n. 497/2015.

La vicenda

I proprietari di alcuni appartamenti di un edificio sottostanti i quali si trova un bar, impugnano un permesso di costruire rilasciato per la realizzazione di una struttura ombreggiante, comunemente definita “gazebo” o “dehors”, posta al servizio del bar. Il manufatto di mq. 19,40, è costituito da una struttura in profilati di metallo, copertura di tela impermeabile e pareti laterali di teli di plastica trasparente ed è posto su suolo pubblico, a una distanza variabile da 1,77 a 2.01 m dall’edificio. Non risulta in violazione delle distanze previste dal Piano comunale dell’arredo urbano, peraltro neppure impugnato.

Secondo i ricorrenti, la struttura è una vera e propria costruzione e come tale avrebbe dovuto rispettare le distanze dalle costruzioni adiacenti previste dal d.m. 1444/1968, in violazione del quale sarebbe stato  rilasciato il permesso di costruire.

La decisione

Per il Consiglio di Stato il permesso di costruire è stato legittimamente rilasciato.

La struttura non va qualificata come costruzione vera e propria in senso giuridico, ma costituisce, come affermato correttamente dal giudice di I grado, un’attrezzatura speciale a servizio di attività commerciale, nel caso concreto del bar, come desumibile dal combinato disposto dei punti (e.5) ed (e.6) dell’art. 3 (definizione degli interventi edilizi), comma 1, dpr 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

Il punto (e.5) include tra le nuove costruzioni gli “ambienti di lavoro”, specificando che gli stessi possono essere costituiti anche da prefabbricati o strutture di qualsiasi genere.

Il punto (e.6) stabilisce che ricade nella potestà regolatoria dei Comuni l’individuazione delle pertinenze ai fini urbanistici, sottratte alla disciplina delle nuove costruzioni, con il limite per cui esse non devono superare il 20% del volume dell’edificio principale.

Ne consegue, che è possibile realizzare una struttura del tipo di quella in argomento, rispettando non le distanze di cui al d.m. 1444/1968, ma quelle stabilite in concreto per la categoria dal Comune interessato.

Inoltre, la non necessità di rispettare le distanze legali, deriva anche dalla circostanza che la struttura è realizzata su suolo pubblico che a tale normativa non è soggetto per giurisprudenza costante.

Il testo della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 304/2023 è  visualizzabile sul sito: https://www.giustizia-amministrativa.it