7 DICEMBRE 2022
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il silenzio assenso costituisce uno strumento di semplificazione amministrativa e non di liberalizzazione dell’attività edilizia; ne consegue che la formazione tacita del silenzio assenso in materia edilizia presuppone, quale sua condizione imprescindibile, non solo il decorso del tempo dalla presentazione della domanda ma la contestuale presenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti, formali e sostanziali, richiesti dalla legge, ossia degli elementi costitutivi della fattispecie di cui si deduce l’avvenuto perfezionamento, con la conseguenza che il silenzio assenso non si forma nel caso in cui la fattispecie rappresentata non sia conforme a quella normativamente prevista e, quindi, nell’ipotesi in cui non ricorrono i presupposti formali e sostanziali per la realizzazione dell’intervento edilizio[1].
L’impostazione in esame è argomentata anche dal tenore dell’art. 20, comma 1, del Testo Unico Edilizia[2], secondo cui la domanda di permesso di costruire deve essere accompagnata da una dichiarazione del progettista abilitato che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti, e alle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia; la non veridicità di tale dichiarazione, in punto di conformità dell’intervento oggetto della richiesta di permesso di costruire con la normativa urbanistica applicabile alla fattispecie, impedisce di ritenere formato il silenzio assenso per carenza di un elemento nel contempo formale (la dichiarazione veritiera del progettista) e sostanziale (in riferimento alle circostanze ostative all’edificazione) necessario per l’integrazione della fattispecie abilitante.
Secondo il TAR Lazio, Roma, sez. II bis, sent. 26 novembre 2022, n. 15822, tale impostazione non può ritenersi superata dalle modifiche alla Legge n. 241/90 introdotte dai decreti legge n. 76/2020 e n. 77/21, i quali hanno previsto che:
I giudici romani, nella sentenza citata, hanno affermato che il disposto dell’art. 2, comma 8 bis, della Legge n. 241/90, che richiama specificamente il solo silenzio assenso previsto dall’art. 20 della medesima legge, non sia applicabile al silenzio assenso disciplinato dall’art. 20, comma 8, del Testo Unico Edilizia, considerato che quest’ultimo articolo prevede un procedimento speciale rispetto a quello individuato per il silenzio assenso, in via generale, dall’art. 20 della Legge n. 241/90.
Ciò è comprovato dalle seguenti circostanze:
Ancora, ulteriore conferma dell’eterogeneità delle ipotesi previste, da una parte, dall’art. 20 del Testo Unico Edilizia e, dall’altra, dall’art. 20 della Legge n. 241/90, è fornita dalla diversa disciplina che i decreti legge n. 76/2020 e n. 77/21, ovvero le stesse norme che hanno modificato l’art. 2 della Legge n. 241/90, hanno introdotto in punto di documentazione del silenzio assenso.
In particolare, l’art. 20, comma 2 bis, della Legge n. 241/90, introdotto dal decreto legge n. 77/21, stabilisce che “nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale a provvedimento di accoglimento ai sensi del comma 1, fermi restando gli effetti comunque intervenuti del silenzio assenso, l’amministrazione è tenuta, su richiesta del privato, a rilasciare, in via telematica, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e pertanto dell’intervenuto accoglimento della domanda ai sensi del presente articolo. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, l’attestazione è sostituita da una dichiarazione del privato ai sensi dell’art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445”. In tal caso, la previsione legislativa stabilisce che l’attestazione che l’amministrazione deve rilasciare ha espressamente ad oggetto l’“intervenuto accoglimento della domanda” per effetto del decorso dei termini e, quindi, l’avvenuta formazione del silenzio assenso.
Tale disciplina diverge da quella introdotta dal decreto legge n. 76/2020 in riferimento all’art. 20 del Testo Unico Edilizia, il cui comma 8, in proposito, prevede che “fermi restando gli effetti comunque prodotti dal silenzio, lo sportello unico per l’edilizia rilascia anche in via telematica, entro quindici giorni dalla richiesta dell’interessato, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento, in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di provvedimenti di diniego; altrimenti, nello stesso termine, comunica all’interessato che tali atti sono intervenuti”.
In questo caso, infatti, l’attestazione del Comune ha ad oggetto il mero decorso del tempo e l’insussistenza di richieste istruttorie inevase e di atti di diniego senza alcun riferimento all’avvenuta formazione del silenzio assenso; inoltre, a conferma dell’eterogeneità delle ipotesi di silenzio assenso disciplinate dall’art. 20 del Testo Unico Edilizia e dall’art. 20, comma 2 bis, della Legge n. 241/90, va evidenziato che i termini per il rilascio dell’attestazione sono diversi (rispettivamente quindici e dieci giorni) e che solo la Legge n. 241/90 prevede per il privato la possibilità di autocertificare il silenzio assenso nell’ipotesi di perdurante inerzia dell’amministrazione.
Alla luce delle precedenti osservazioni, pertanto, deve ritenersi non condivisibile la tesi secondo cui è sufficiente il mero decorso del tempo per la creazione del permesso di costruire per silenzio assenso, rimanendo, al contrario, essenziale la contestuale presenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti, formali e sostanziali, richiesti dalla legge.