19 OTTOBRE 2022
“Nel nostro ordinamento costituzionale non possono trovare cittadinanza misure fiscali strutturate in modo da penalizzare coloro che, così formalizzando il proprio rapporto, decidono di unirsi in matrimonio o di costituire una unione civile”. È quello che si legge nella sentenza depositata il 13 ottobre 2022, n. 209 mediante la quale la Corte Costituzionale, accogliendo le questioni che aveva sollevato davanti a sé, ha dichiarato illegittimo l’art. 13, comma 2, quarto periodo, del decreto legge n. 201/2011 là dove parlando di “nucleo familiare” finisce per penalizzarlo, in contrasto con gli articoli 3, 31 e 53 della Costituzione.
La Consulta chiarisce pertanto il controverso e annoso caso dell’IMU per i coniugi che vivono in due Comuni diversi, attribuendo a entrambi gli immobili l’esenzione, mettendo in campo un principio di diritto che va molto oltre la vicenda specifica.
L’illegittimità è stata estesa anche ad altre norme, in particolare a quelle che, per i componenti del nucleo familiare, limitano l’esenzione ad uno solo degli immobili siti nel medesimo Comune (quinto periodo del comma 2 dell’articolo 13, d.l. 201/2011) e che prevedono che essi optino per una sola agevolazione quando hanno residenze e dimore abituali diverse (comma 741, lettera b) della legge n. 160/2019.
La Corte Costituzionale ha pertanto chiarito che questo orientamento è dipeso dal riferimento al nucleo familiare così come emerge dalla norma su cui la Corte si è autorimessa la questione di legittimità; ha poi precisato che in “un contesto come quello attuale, caratterizzato dall’aumento della mobilità nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall’evoluzione dei costumi, è sempre meno rara l’ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente, ad esempio nel fine settimana, rimanendo nell’ambito di una comunione materiale e spirituale”.
Pertanto, si legge nel comunicato ufficiale della Consulta, ai fini del riconoscimento dell’esenzione sulla prima casa, non ritenere sufficiente – per ciascun coniuge o persona legata da unione civile – la residenza anagrafica e la dimora abituale in un determinato immobile, determina un’evidente discriminazione rispetto ai conviventi di fatto. I quali, in presenza delle medesime condizioni, si vedono invece accordato, per ciascun rispettivo immobile, il suddetto beneficio.
Insomma, come afferma Gianni Trovati sul Sole 24 Ore di questa mattina, il Fisco non può essere nemico della famiglia e non può in alcun modo calpestare la Costituzione. Nemmeno per combattere comportamenti elusivi.