Il rapporto tra il permesso di costruire e l’autorizzazione paesaggistica secondo la giurisprudenza
La giurisprudenza ha ribadito in più occasioni che il rapporto tra autorizzazione paesaggistica e permesso di costruire è un rapporto di presupposizione, necessitato e strumentale tra le valutazioni paesistiche e quelle urbanistiche
12 SETTEMBRE 2022
Il principio: l’autorizzazione paesaggistica condizione di validità e non soltanto di efficacia del permesso di costruire
La giurisprudenza[1] ha ribadito in più occasioni che il rapporto tra autorizzazione paesaggistica e permesso di costruire è un rapporto di presupposizione, necessitato e strumentale tra le valutazioni paesistiche e quelle urbanistiche; tale principio resta fermo anche quando le disposizioni urbanistiche sono dettate tenendo conto pure dei valori paesaggistici di un’area[2], considerato il principio più volte ribadito dalla Corte Costituzionale della primarietà del “valore paesaggio”[3].
Sempre secondo la giurisprudenza, peraltro, l’autorizzazione paesaggistica non costituisce una mera condizione di efficacia dei titoli edilizi, bensì una condizione di legittimità degli stessi[4], alla luce di quattro nitidi riferimenti normativi.
I quattro riferimenti normativi di rilievo
In primo luogo, l’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio[5] qualifica l’autorizzazione paesaggistica atto “autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico”. Il rapporto tra autorizzazione paesaggistica e titolo edilizio, afferma la giurisprudenza, si sostanzia in un rapporto di presupposizione necessitato e strumentale tra valutazioni paesistiche ed urbanistiche, nel senso che questi due apprezzamenti si esprimono entrambi sullo stesso oggetto, ma con diversi e separati procedimenti, l’uno nei termini della compatibilità paesaggistica dell’intervento edilizio proposto e l’altro nei termini della sua conformità urbanistico-edilizia[6]. Questo nesso di presupposizione tra i due autonomi provvedimenti autorizzatori implica, quindi, che il rilascio del titolo paesaggistico debba precedere il rilascio del titolo edilizio.
Da ciò consegue l’illegittimità, e non solo la mera inefficacia, di un titolo edilizio rilasciato in mancanza dell’autorizzazione paesaggistica, atto che, per espressa previsione normativa, è ad esso legato da un rapporto di necessaria presupposizione. Né tale conclusione va in alcun modo ad intaccare l’autonomia dei due provvedimenti, non sussistendo oltretutto, nell’ipotesi in cui un titolo edilizio sia stato rilasciato in mancanza della previa autorizzazione paesaggistica, alcun rischio di elusione del termine decadenziale di impugnazione degli atti[7]. L’autonomia dei due atti non è, invero, incisa ove si ritenga che uno di essi non sia legittimamente emanato se non previa adozione dell’atto presupposto. D’altro canto, è il legislatore ad avere espressamente previsto, accanto all’autonomia dei due provvedimenti, un rapporto di presupposizione tra gli stessi.
In secondo luogo, l’art. 5 del Testo Unico Edilizia[8] afferma espressamente che gli atti di assenso delle amministrazioni preposte alla tutela paesaggistica sono condizione per “il rilascio del permesso di costruire”[9].
Ancora, l’art. 20, comma 9, del medesimo Testo Unico condiziona il rilascio del permesso di costruire al previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, disponendo che, per gli immobili sottoposti a vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, nel caso in cui l’autorità preposta al vincolo neghi il proprio assenso, “decorso il termine per l’adozione del provvedimento finale, la domanda di rilascio del permesso di costruire si intende respinta”. La norma prevede il perfezionarsi di un provvedimento tacito di diniego: non vi è, dunque, alcuno spazio per il rilascio di un titolo abilitativo, sia pur inefficace.
Infine, l’art. 22, comma 6, del medesimo Testo Unico consente la realizzazione di interventi soggetti a denuncia di inizio attività che riguardino immobili sottoposti a tutela storico-artistica o paesaggistica-ambientale solo subordinatamente “al preventivo rilascio del parere o dell’autorizzazione richiesti dalle relative previsioni normative”; disposizione, questa, che va coordinata con l’art. 23, commi 3 e 4, secondo cui “nel caso dei vincoli e delle materie oggetto dell’esclusione di cui al comma 1-bis, qualora l’immobile oggetto dell’intervento sia sottoposto ad un vincolo la cui tutela compete, anche in via di delega, alla stessa amministrazione comunale, il termine di trenta giorni di cui al comma 1 decorre dal rilascio del relativo atto di assenso. Ove tale atto non sia favorevole, la denuncia è priva di effetti.
Nel caso dei vincoli e delle materie oggetto dell’esclusione di cui al comma 1-bis, qualora l’immobile oggetto dell’intervento sia sottoposto ad un vincolo la cui tutela non compete all’amministrazione comunale, ove il parere favorevole del soggetto preposto alla tutela non sia allegato alla denuncia, il competente ufficio comunale convoca una conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il termine di trenta giorni di cui al comma 1 decorre dall’esito della conferenza. In caso di esito non favorevole, la denuncia è priva di effetti”. La norma prevede che il termine di trenta giorni, trascorso il quale il titolo abilitativo si perfeziona, decorra solo dal momento in cui viene rilasciata l’autorizzazione paesaggistica: in mancanza di tale autorizzazione, perciò, la denuncia di inizio attività non si perfeziona neppure[10].
Per queste ragioni, l’autorizzazione paesaggistica – ferma restando la sua autonomia – è condizione di validità e non soltanto di efficacia del permesso di costruire (anche in sanatoria).
Note
[1] Cfr., da ultimo, TAR Sardegna, sez. II, sent. 30 agosto 2022, n. 602.
[2] Consiglio di Stato, sez. II, sent. n. 7353/2021.
[3] TAR Lombardia, Milano, sez. I, sent. n. 272/2022.
[4] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. n. 8641/2021 e sent. n. 5025/2014; sez. IV, sent. n. 788/2014 e sent. n. 5371/2013; TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. n. 3062/2014.
[5] Decreto Legislativo n. 42/2004.
[6] Cfr., sul punto, Consiglio di Stato, sez. IV, sent. n. 8260/2010 e sent. n. 4234/2013.
[7] Rischio che sussiste solo nelle diverse fattispecie in cui, in sede di impugnazione del solo permesso di costruire, vengano fatti valere i vizi di un’autorizzazione paesaggistica che non sia stata tempestivamente gravata.
[8] DPR n. 380/2001.
[9] Il comma 1-bis fa carico allo sportello unico per l’edilizia di acquisire presso le amministrazioni competenti – anche mediante conferenza di servizi ai sensi degli artt. 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater e 14-quinquies della Legge n. 241/1990 – gli atti di assenso, comunque denominati, delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità; il comma 3 stabilisce che, ai fini del rilascio del permesso di costruire, lo sportello unico per l’edilizia acquisisce direttamente o tramite conferenza di servizi ai sensi degli artt. 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater e 14-quinquies della Legge n. 241/1990, gli atti di assenso, comunque denominati, necessari ai fini della realizzazione dell’intervento edilizio tra i quali “gli atti di assenso, comunque denominati, previsti per gli interventi edilizi su immobili vincolati ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, fermo restando che, in caso di dissenso manifestato dall’amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali, si procede ai sensi del medesimo codice”.
[10] Cfr. TAR Campania, Napoli, sez. VI, sent. n. 1616/2014.