5 SETTEMBRE 2022
Di Valeria Tarroni
L’Amministrazione ha l’obbligo di confutare in maniera analitica e puntuale le osservazioni presentate dal privato in risposta alla comunicazione di preavviso di rigetto?
La risposta è nella sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV del 1/8/2022 n. 6770 che conferma l’orientamento della giurisprudenza amministrativa sull’interpretazione dell’art. 10-bis della L. 241 del 1990 e ricadute applicative con riguardo all’onere di motivazione nel provvedimento finale di diniego.
Anzitutto è utile delineare la fase del procedimento amministrativo di “preavviso di rigetto o di diniego” successiva all’istruttoria e che precede la formazione del provvedimento conclusivo negativo.
L’art. 10-bis della l. 241 del 1990 prevede che nei procedimenti amministrativi ad istanza di parte, prima dell’adozione di un provvedimento di diniego, il responsabile di procedimento o l’autorità competente invii all’interessato una “comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza” per consentire la presentazione di osservazioni.
La comunicazione sospende i termini per la conclusione del procedimento che ricominciano a decorrere dalla data di presentazione da parte dell’interessato dell’osservazione corredata da eventuale documentazione o, in mancanza, decorsi dieci giorni dalla ricezione della comunicazione.
Nel provvedimento finale, l’Amministrazione deve dare atto di aver inviato la comunicazione di preavviso di diniego e, qualora abbia ricevuto osservazioni e intenda procedere col diniego, deve indicare le ragioni del mancato accoglimento delle osservazioni dell’interessato.
L’istituto della comunicazione del preavviso di diniego assolve infatti alla funzione di dare al destinatario della decisione finale, l’opportunità di un confronto con l’amministrazione tra la fase istruttoria e quella decisoria del procedimento amministrativo ed apre un dialogo cittadino/amministrazione che mira a scongiurare il contenzioso. Il privato in questa fase può rappresentare le proprie argomentazioni a fronte di quelle preordinate al rigetto.
Essendo un atto endoprocedimentale, il preavviso di rigetto non è autonomamente impugnabile, non essendo immediatamente lesivo delle situazioni giuridiche soggettive dell’istante. Dovrà invece essere impugnato il provvedimento definitivo di rigetto della domanda.
In materia edilizia, il preavviso di rigetto deve specificare le norme della pianificazione territoriale e urbanistica, le leggi e regolamenti in materia urbanistica ed edilizia, la normativa di settore che il progetto presentato non rispetta, così da consentire al privato di presentare le proprie osservazioni ed eventualmente, in seguito ad diniego, un nuovo progetto.
L’art. 21-octies, comma 2, della L. 241/1990 (come modificato dall’art. 12, comma 1, lettera i) del D.L. 16.7.2020, n. 76, convertito con Legge 11.9.2020, n. 120), dispone che la mancata comunicazione del preavviso di rigetto determina l’annullabilità del provvedimento discrezionale di diniego senza che sia consentito all’Amministrazione di dimostrare in giudizio che il provvedimento non avrebbe potuto avere contenuto diverso da quello in concreto adottato. La norma esclude l’annullabilità solo qualora si tratti di provvedimento vincolato e sia palese che il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato.
Confutazione delle osservazioni e motivazione del provvedimento definitivo
Il contenuto sostanziale del provvedimento conclusivo di diniego deve essere in linea coi motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza rappresentati nella comunicazione di preavviso di rigetto di cui al citato art. 10-bis L. 241 del 1990, che potranno essere meglio precisati, ma è esclusa la possibilità di fondare il diniego su ragioni del tutto nuove.
Il provvedimento finale negativo dovrà motivare le ragioni che non rendono condivisibili le osservazioni presentate dal privato e dunque confermare il contrasto dell’istanza con le norme di riferimento.
Per quanto riguarda la confutazione delle osservazioni, la giurisprudenza amministrativa si è espressa nel senso che nel provvedimento di diniego non è richiesto che le argomentazioni addotte dal privato siano confutate in maniera puntuale e analitica ma è sufficiente che i motivi della non accoglibilità della domanda, siano complessivamente enunciati, senza utilizzare formule generiche e di stile.
Nella recente sentenza n. 6770 del 1/8/2022 il Consiglio di Stato ribadisce l’orientamento giurisprudenziale per il quale l’interpretazione dell’art. 10-bis e le conseguenti ricadute applicative, non deve essere formalistica ma deve essere orientata in senso sostanzialistico. Si legge nella sentenza che “L'art. 10 bis, l. 7 agosto 1990, n. 241 non impone nel provvedimento finale la puntale e analitica confutazione delle singole argomentazioni svolte dalla parte privata, essendo sufficiente ai fini della sua giustificazione una motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell'atto stesso”
A sostegno di questo indirizzo, il Collegio richiama le precedenti pronunce Cons. Stato, sez. II, sent. n. 1306 del 2020; Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 158 del 2022; id., sez. IV, sent. n. 3924 del 2021; Cons. Stato, sez. III, sent. n. 45 del 2022.
I diritti procedimentali del soggetto istante devono infatti essere contemperati con le esigenze di celerità e snellezza dell’azione amministrativa, in omaggio al principio costituzionale del buon andamento della pubblica amministrazione e nel rispetto del principio di non aggravio del procedimento.
Nota a Sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, 1/8/2022 n. 6770