News

Valida la notifica per posta dell’atto con firma digitale

16 MARZO 2021

Non è nullo l’accertamento emesso in formato elettronico e sottoscritto con firma digitale, notificato tramite copia conforme all’originale, utilizzando la posta ordinaria anziché la Pec. È quanto afferma la Cassazione con la sentenza n. 1150 del 21 gennaio 2021, che ritiene in ogni caso l’atto valido perché lo scopo è stato raggiunto, il destinatario è venuto a conoscenza del provvedimento.

Il contenzioso nasce dall’impugnazione di un avviso di accertamento, per maggior reddito di capitale, notificato il 15 novembre 2016 al membro di una società a ristretta base azionaria.

I primi due gradi di giudizio avevano dato ragione al contribuente che contestava, tra l’altro, l’invalidità dell’avviso impugnato, sottoscritto in formato elettronico e non autografo, perché ritenute inapplicabili, in tal caso, le norme del Codice dell’amministrazione digitale (Cad) e perché l’avviso era stato notificato in copia cartacea anziché tramite Pec.

La Commissione tributaria regionale rilevava, tra l’altro, che, che la combinazione firma digitale e notifica via Pec era stata considerata valida soltanto per gli atti impositivi notificati a partire dal 1° luglio 2017.

L’Agenzia delle entrate impugna la sentenza in Cassazione con ricorso affidato a due motivi.

L’ufficio finanziario evidenzia, innanzitutto, che a differenza di quanto sostenuto nella sentenza della Ctr, le disposizioni del Cad (Dlgs n. 82/2005) sono applicabili anche alle funzioni istituzionali dell’Agenzia delle entrate. Restano fuori esclusivamente le “attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale”. In poche parole, per il Fisco, la limitazione riguarda soltanto le attività di controllo dell’amministrazione finanziaria e della Guardia di finanza svolte tramite accesso, ispezioni e verifiche da cui derivano, in una fase diversa, gli avvisi di accertamenti emessi.

Inoltre, specifica l’ufficio, la copia cartacea lasciata al contribuente era provvista dell’attestazione di conformità prevista dall’articolo 23 del Cad.

L’Agenzia contesta anche il rilievo relativo alla notifica della copia conforme per posta ordinaria precisando che l’utilizzo della Pec è stato introdotto dal 1° luglio 2017 e, quindi, impraticabile all’epoca dei fatti.

La decisione

Argomento determinante per la soluzione della controversia è l’interpretazione e l’eventuale retroattività della norma del Codice dell’amministrazione digitale che apre la strada agli atti impositivi emessi dall’Agenzia delle entrate in formato elettronico e sottoscritti con firma digitale.

In particolare il riferimento è alle modifiche apportate all’articolo 2 del Dlgs n. 2/1982, che al comma 6 esclude espressamente l’applicazione delle procedure digitali limitatamente alle “attività e funzioni di ordine e sicurezza pubblica, difesa e sicurezza nazionale, polizia giudiziaria e polizia economico-finanziaria e consultazioni elettorali (…)”, mentre specifica, con il nuovo comma 6-bis, in vigore dal 27 gennaio 2018, che il Cad deve essere applicato “agli atti di liquidazione, rettifica, accertamento e di irrogazione delle sanzioni di natura tributaria”. L’ultimo periodo di quest’ultima norma prevede, tra l’altro, che “con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato, adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabiliti le modalità e i termini di applicazione delle disposizioni del presente Codice alle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale”.

Secondo l’Agenzia delle entrate, osserva la Cassazione, le limitazioni fissate dal suddetto comma 6, in vigore dal 14 settembre 2016, dunque, non riguardano gli avvisi di accertamento che, da tale data, potevano essere legittimamente emessi in formato elettronico e sottoscritti con firma digitale.

I giudici di piazza Cavour ricordano che in tema di digitalizzazione della pubblica amministrazione, in base al Regolamento europeo Idas, applicabile dal 1° luglio 2016, i documenti informatici devono rappresentare la norma generale ed eccezione i documenti cartacei. In linea con il diritto europeo, l’articolo 40 del Cad prevede che le Pa formino gli originali dei propri documenti con mezzi informatici.

Ciò premesso, i giudici di legittimità ritengono condivisibile l’interpretazione dell’ufficio delle Entrate dell’articolo 2, comma 6, ratione temporis vigente.

Gli atti impositivi, sostiene la Corte, non possono, infatti, essere adottati in occasione delle ispezioni o verifiche precluse alle norme del Codice, ma semmai sono conseguenti all’esito dei controlli che potrebbero concludersi con un nulla di fatto o favorevoli al contribuente.

La disciplina fiscale, del resto, osserva ancora la Corte, distingue l’attività accertativa da quella preliminare di verifica e controllo.

Le azioni ispettive prevedono contatti diretti con i contribuenti e la collaborazione con gli altri soggetti pubblici incaricati istituzionalmente a le stesse attività. È prerogativa, invece, dell’Agenzia delle entrate, adottare gli atti impositivi riguardanti la liquidazione delle imposte o delle maggiori imposte e delle eventuali sanzioni.

I giudici osservano che l’esclusione dalle regole stabilite dal Cad per gli atti propedeutici all’avviso di accertamento si spiega con l’intenzione di non penalizzare il contribuente che potrebbe non essere munito di firma digitale e svantaggiato, quindi, nell’esercitare il suo diritto alla difesa.

La posizione assunta dalla Commissione regionale, aggiunge la Corta suprema, è in controtendenza rispetto all’orientamento del legislatore che ha adottato, come abbiamo visto, provvedimenti invece diretti ad ampliare l’utilizzo del canale informatico. In particolare è stata introdotta la possibilità di notificare a mezzo Pec gli avvisi di accertamento (comma 6, articolo 60, Dpr n. 600/1973) e, come abbiamo visto, le modifiche all’articolo 2 del Cad non solo hanno previsto il formato elettronico per gli atti impositivi, ma hanno anche rimandato a un successivo decreto l’adozione di tale modalità anche per le attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale per ora escluse.

In conclusione, a prescindere dalla retroattività della suddetta norma, è corretta l’interpretazione fornita dall’Agenzia delle entrate che distingue l’attività di accertamento da quella di controllo fiscale e, di conseguenza legittima l’avviso di accertamento emesso in formato elettronico

Dalla corretta applicabilità del Cad nel caso in commento, si arriva anche all’accoglimento del secondo motivo di ricorso presentato dal Fisco. L’articolo 23 del Codice dà, infatti, stessa efficacia probatoria dell’originale alla copia analogica del documento elettronico, anche sottoscritto con firma digitale, quando la sua conformità è attestata da un pubblico ufficiale: requisiti riscontrabili, affermano i giudici, nell’atto oggetto del contenzioso.

Cade anche l’obiezione del contribuente relativa alla notifica per posta ordinaria della copia cartacea del documento informatico. La Cassazione precisa che non è previsto alcun collegamento necessario tra atto elettronico e notifica con Pec e, quindi, nulla di irregolare nella notifica a mezzo posta della copia analogica conforme.

Inoltre, l’Agenzia ha agito correttamente considerato che la notifica tramite posta elettronica certificata per gli atti impositivi è stata introdotta a partire dal 1° luglio 2017 e, quindi, l’atto in questione non poteva essere notificato con tale modalità perché precedente a tale data.

In ogni caso, conclude la sentenza, il contribuente è entrato a conoscenza dell’atto e, quindi, secondo il principio consolidato, il documento, nonostante l’irritualità della notifica, non può essere dichiarato nullo perché lo scopo è stato raggiunto.