29 NOVEMBRE 2019
Non è sufficiente l’esistenza di una misura interdittiva in capo al legale rappresentante di un operatore economico per motivare la revoca dell’aggiudicazione a tale operatore: è quanto affermato dal TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, nella sent. 4 novembre 2019, n. 1825 (nel caso specifico la misura interdittiva consisteva del divieto temporaneo di esercizio dell’attività imprenditoriale e di tutte le attività ad essa inerenti, ivi compreso il divieto di assumere uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese).
Già in precedenza, peraltro, la giurisprudenza (TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, sent. 7 febbraio 2019, n. 258) aveva affermato che l’eventuale rinvio a giudizio dell’amministratore o del direttore tecnico di un operatore economico per corruzione o per riciclaggio, nonché l’applicazione di una misura cautelare per i medesimi reati, non costituiscono adeguati mezzi di prova della commissione di un grave illecito professionale, che comporterebbe l’esclusione dalla gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50/2016); la loro omessa dichiarazione, pertanto, non configura la causa di esclusione dell’operatore ai sensi della successiva lett. c-bis) dell’art. 80.
Ed infatti, le Linee guida ANAC n. 6 – emanate ai sensi del comma 13 dell’art. 80 citato, con cui l’Autorità ha determinato quali mezzi di prova considerare adeguati per la dimostrazione delle circostanze di esclusione ovvero quali carenze nell’esecuzione di un procedente contratto di appalto siano significative – prevedono che prova adeguata dell’illecito professionale sia costituita quanto meno da “provvedimenti di condanna non definitivi per i reati di cui agli artt. 353, 353-bis, 354, 355 e 356 c.p.”.