E’ illegittimo inserire in un bando una clausola che prevede patrimonio doppio all’importo del contratto
17 SETTEMBRE 2024
Inserire in un bando una clausola che prevede l’obbligo per partecipare alla gara di dimostrare il possesso di un patrimonio netto di gran lunga superiore al doppio dell’importo del contratto è illegittimo, in quanto costituisce violazione dell’articolo 100 del nuovo Codice Appalti.
E’ quanto ha evidenziato Anac con la
delibera N.395 del 30 luglio 2024, un parere di precontenzioso riguardante la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara per l’affidamento del servizio di tesoreria comunale di un comune campano della città metropolitana di Napoli.
“La clausola del disciplinare nella gara – scrive l’Autorità nella delibera - è da ritenersi illegittima in quanto contraria alle previsioni di cui all’articolo 100, commi 11 e 12. La stazione appaltante è tenuta, pertanto, alla riedizione della procedura emendandola del requisito censurato”.
L’istruttoria di Anac è partita dopo la richiesta di una società in cui veniva chiesto di verificare la legittimità del bando di gara del comune vesuviano nella parte in cui prevede quale requisito di capacità economico finanziaria a pena di esclusione il possesso di un patrimonio netto pari a venti milioni di euro.
Il Comune campano aveva indetto una procedura negoziata per l’affidamento del servizio di tesoreria comunale da svolgersi da luglio 2024 a dicembre 2027 di importo pari a 116.200 euro, da aggiudicarsi secondo il criterio del minor prezzo tramite piattaforma digitale.
Il disciplinare di gara richiedeva tra i requisiti speciali di capacità economico finanziaria, il possesso di un patrimonio netto annuo iscritto in bilancio negli ultimi tre esercizi disponibili non inferiore a venti milioni.
La società istante ha contestato la previsione del bando in considerazione dell’entità del corrispettivo globale del contratto in affidamento che su base mensile risulta pari a 2.766 euro, nonché in relazione al valore annuale pari a 33.199 euro, sostenendone l’illegittimità per contrarietà al principio di tassatività dei requisiti di partecipazione nonché la sproporzione rispetto all’oggetto dell’appalto.
La società chiedeva, pertanto, la revisione della lex specialis di gara che impediva la sua partecipazione a causa della clausola contestata, riferendo di aver tentato di interpretare il requisito come riferito a tutto il triennio invece che a un'unica annualità e di aver chiesto chiarimenti in merito alla stazione appaltante da cui ha ottenuto risposta negativa, giacché il Comune ha ribadito la volontà di riferire il requisito a una sola annualità.
Per Anac “la tipologia del contratto in oggetto non giustifica eccezioni ai principi generali previsti dalla normativa vigente e la necessità di procurarsi maggiori garanzie non sembra legittimare l’imposizione di un onere di tale peso, in quanto la discrezionalità esercitata dall’amministrazione nel caso di specie è proporzionale al fine specifico di perseguire il miglior soddisfacimento dell’interesse pubblico sotteso alla gara”.
La stazione appaltante è tenuta, pertanto, alla riedizione della procedura emendandola del requisito censurato.