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Inconferibilità, segnalazione a governo e parlamento. Proposta di modifica dopo sentenza Corte Costituzinale

1 AGOSTO 2024

Con un Atto di segnalazione a governo e parlamento, Anac è intervenuta sulla modifica della fattispecie di inconferibilità (articolo 7 del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39), alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 98/2024.

 
Il Consiglio dell’Autorità ha approvato l'atto lo scorso 10 luglio 2024 con la delibera n. 354, segnalando l’opportunità di eliminare quale presupposto dell’inconferibilità lo svolgimento, in provenienza, degli incarichi amministrativi presso gli enti di diritto privato in controllo pubblico, alla luce delle indicazioni offerte dalla Corte costituzionale circa la violazione dell’art. 76 della Costituzione costituita dall’equiparazione degli stessi agli incarichi di natura politico – elettiva. 
 
“A seguito della citata sentenza – scrive Anac nell’Atto di segnalazione -  è, dunque, incostituzionale l’ultima parte del comma 2 dell’articolo 7 se posta, secondo il dispositivo del provvedimento, in relazione alla lettera d) del medesimo comma; dunque risulta, allo stato, possibile per colui che, in provenienza, sia stato presidente o amministratore delegato di un ente di diritto privato in controllo pubblico da parte da parte di province, comuni e loro forme associative della stessa regione, andare a ricoprire, in destinazione, l’incarico di amministratore nell’ambito di un'altra società privata in controllo pubblico da parte di una provincia, di un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione”.
 
“Ne consegue, quindi, che, essendo stata dichiarata l’incostituzionalità unicamente dell’art. 7, co. 2, ultima parte, lett. d), del d.lgs. n. 39/2013, sarebbe opportuno un apposito intervento normativo volto ad escludere la rilevanza, per tutte le fattispecie di inconferibilità considerate nell’articolo 7 del d.lgs. n. 39/2013, dell’incarico in provenienza in questione, per il medesimo vizio posto a fondamento della sentenza della Corte Costituzionale in epigrafe, in modo da assicurare alle disposizioni in commento la dovuta coerenza costituzionale”.