Appalto di servizi: illegittimità del divieto di ribasso sui costi di manodopera
Sintesi della sentenza del Consiglio di Stato (Sez. V), 9 giugno 2023, n. 5665
21 SETTEMBRE 2023
La clausola della lex specialis che imponga il divieto di ribasso sui costi di manodopera è in flagrante contrasto con l’art. 97, comma 6 del d.lgs. n. 50/2016 e, più in generale, con il principio di libera concorrenza nell’affidamento delle commesse pubbliche. A confermarlo è una recente sentenza del Consiglio di Stato (Sez. V), datata 9 giugno 2023, n. 5665.
I giudici amministrativi distinguono il costo teorico medio determinato dalla stazione appaltante ai fini del valore da attribuire all’appalto, ai sensi dell’art. 23, comma 16 del d.lgs. 50/2016, dal costo effettivo della manodopera che il concorrente deve indicare nella propria offerta, ai sensi dell’art. 95, comma 10 del codice e chiarisce che il divieto indiscriminato di ribasso sulla manodopera avrebbe i seguenti effetti:
a) la standardizzazione dei costi vero l’alto;
b) la sostanziale imposizione del CCNL individuato dalla stazione appaltante al fine di determinare l’importo stimato dell’appalto;
c) la sostanziale inutilità dell’art. 97, comma 6 del d.lgs. n. 50/2016 e cioè l’obbligo per gli operatori economici del rispetto degli oneri inderogabili;
d) l’impossibilità, da parte della stazione appaltante, di vagliare l’effettiva congruità in concreto delle offerte presentate.
Inoltre, il Consiglio di Stato coglie l’occasione per evidenziare che persino nel nuovo codice appalti, che in applicazione di un preciso criterio di delega di cui all’art. 1, comma 2, lett. t) della l. n. 78/2022, ha previsto “in ogni caso che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso” è stata fatta salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che un ribasso che coinvolga il costo della manodopera sia derivante da una più efficiente organizzazione aziendale così armonizzando il criterio di delega con l’art. 41 della Costituzione.