22 GIUGNO 2022
Secondo la Corte di Giustizia UE, l’art. 83, comma 8, del Codice dei contratti pubblici – che, come noto, impone in ogni caso alla mandataria di un raggruppamento temporaneo di imprese di possedere i requisiti previsti nel bando di gara ed eseguire le prestazioni di tale appalto in misura maggioritaria, è incompatibile con i principi del diritto europeo vigenti in materia e, in particolare, con l’articolo 63 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014 (cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea 28 aprile 2022, C-642/20, cd. “sentenza Caruter”).
Tale pronuncia impatta in modo significativo su di un principio radicato da diversi anni nella legislazione italiana in tema di regolamentazione degli RTI, nell’ottica di una coerente ed effettiva tutela dei principi concorrenziali e della correlata libertà di forme e di organizzazione degli operatori economici, da sempre sancita e promossa a livello di normazione UE, e si pone in evidente continuità con i rilievi e le pronunce della Commissione UE e della stessa Corte di Giustizia sulla incompatibilità dei limiti quantitativi ed astratti fissati dal legislatore interno rispetto ai principi e alle direttive eurounitarie in materia di contratti pubblici.
Il suddetto indirizzo tracciato dalla Corte europea anche in tema di ATI ha trovato da subito riscontro in talune recenti pronunce della giurisprudenza amministrativa che, in tal senso, ha disposto la disapplicazione della norma italiana in conformità a quanto acclarato dal Giudice europeo.
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