24 MARZO 2021
Il Consiglio di Stato, con la sentenza del 23 febbraio 2021, n. 1596, ha giudicato legittima la scelta di un Comune di affidare in house la gestione del servizio di igiene urbana, sostenendo la correttezza della motivazione riportata nella relazione ex articolo 34, comma 20, del d.l. n. 179/2012.
La vicenda
La questione nasce dal ricorso presentato da una società contro la scelta di gestione del Comune; l’appellante ha lamentato la mancanza di apprezzabili ragioni di convenienza economica e di conformità ai principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa, condizione richiesta dalla disciplina vigente per derogare, in via legittima, al ricorso al mercato. Nonostante il giudice di primo grado avesse ritenuto sufficiente la motivazione del Comune, fondamentalmente basata sui risparmi di spesa conseguibili, la società appellante ha giudicato la relazione generica, arbitraria e non supportata da alcun mezzo istruttorio. Inoltre, secondo la sua argomentazione, l’in house providing, in relazione al servizio di igiene urbana, richiederebbe una motivazione rafforzata.
La decisione
Il Consiglio ha respinto tali deduzioni, considerando la scelta del Comune sorretta da un’adeguata esposizione delle sottostanti ragioni. In primo luogo, rileva il dato che il ricorso al mercato, come anche la società mista, implicano per l’Amministrazione comunale un onere economico corrispondente all’utile di impresa richiesto dal socio. A riguardo, la citata relazione ex articolo 34 effettua una comparazione tra le tre soluzioni gestionali (affidamento al mercato, ad una società mista e ad una società in house), a parità di canone base. Trattasi, in sostanza, di una simulazione di una procedura concorsuale. La relazione prosegue poi enumerando, mediante un’analisi comparativa, i punti di forza e le debolezze dei tre modelli gestionali rispetto agli obiettivi prefissati dal Comune; in particolare la scelta finale tra le differenti opzioni è ricavata attribuendo un punteggio alle differenti caratteristiche così individuate; l’esito di questa procedura ha indotto il Comune a preferire la gestione in house. Infatti, il modello del ricorso al mercato, nonostante garantisca alcuni importanti benefici (professionalità e esperienza nel settore, assunzione di responsabilità per l’esecuzione del servizio in via esclusiva in capo all’operatore privato, competizione sul prezzo in sede di gara, maggiore capacità di investimenti) non assicura le sinergie tipiche dell’in house providing, derivanti dall’alterità soggettiva dell’appaltatore rispetto all’amministrazione. Alla luce di ciò, il Collegio ha ritenuto la relazione esaustiva nell’esporre le “ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta”, come richiesto dall’articolo 192, comma 2, del codice dei contratti pubblici. L’appello, di conseguenza, è stato respinto.