5 FEBBRAIO 2020
Il Consiglio di Stato con sentenza della V sez, n.681 del 27 gennaio 2020, ha affermato (e ribadito) i seguenti principi:
1) l’in house providing riveste carattere eccezionale rispetto all’ordinaria modalità di scelta del contraente sul mercato, ed è possibile solo qualora sussista per l’amministrazione una reale convenienza rispetto alle condizioni economiche offerte dal mercato;
2) l’affidamento in house di servizi è illegittimo nel caso in cui non ci sia convenienza economica rispetto alla esternalizzazione dello stesso;
3) la natura di società in house interamente partecipata dalla stazione appaltante non può limitare le scelte negoziali di quest’ultima: è legittima l’esternalizzazione del servizio qualora lo stesso risulti più conveniente rispetto all’affidamento in house.
La sentenza scaturisce dal ricorso di una società informatica “in house” (interamente partecipata dalla Regione) contro l’acquisto sul MePA tramite OdA di un sistema informativo gestionale contabile, nonché economico-patrimoniale” offerto da un operatore economico sul mercato, per un importo pari ad euro 30.744,00.
Palazzo Spada ha inoltre ricordato che ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti – ai sensi dell’art.192, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 – effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto ed al valore della prestazione, dando atto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche.