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Il diritto al silenzio

16 GIUGNO 2023

Il diritto al silenzio - definito dall'art. 14, par. 3, lett. g), del Patto internazionale sui diritti civili e politici (PIDCP) come la garanzia, spettante a ogni individuo accusato di un reato, a non essere costretto a deporre contro sé stesso o a confessarsi colpevole; nonché, implicitamente, garantito dall'art. 47 CDFUE - è il diritto della persona a non contribuire alla propria incolpazione e a non essere costretta a rendere dichiarazioni di natura confessoria (nemo tenetur se ipsum accusare); esso costituisce corollario implicito del diritto inviolabile di difesa (art. 24 Cost.). Nel diritto di difesa rientra infatti certamente il diritto di rifiutarsi di rispondere (tranne che alle richieste attinenti all'identificazione del soggetto medesimo). L'intangibilità del diritto di difesa, sotto forma del rispetto del principio nemo tenetur se detegere, e conseguentemente del diritto al silenzio, si manifesta così nella garanzia dell'esclusione dell'obbligo di rispondere in dibattimento a domande che potrebbero coinvolgere responsabilità proprie. Pertanto, una violazione del diritto al silenzio si verifica non solo quando la persona sia costretta mediante violenza o intimidazione a rendere simili dichiarazioni, ma anche quando essa sia indotta a farlo sotto minaccia di una pena o comunque di una sanzione di carattere punitivo. Ciò, peraltro, non si traduce in un diritto a mentire, che non solo non corrisponderebbe alla nozione internazionalmente riconosciuta del diritto al silenzio, ma sarebbe sfornito di alcun preciso supporto nella stessa giurisprudenza costituzionale.
 
Corte costituzionale 5/6/2023 n. 11