CASI RISOLTI – Identificazione dell’indagato
19 MAGGIO 2023
IL CASO
Nel caso in cui la questura o comunque altro luogo idoneo per il fotosegnalamento ed il rilascio del certificato unico identificativo, si trovi fuori dal territorio comunale di pertinenza, la polizia locale nell’adempimento di un dovere d’ufficio, può recarsi fuori dal territorio senza incorrere in violazioni, tenuto anche conto del trasporto di altra persona quale indagato?
Inoltre, ritenuto necessario verbalizzare anche l’accompagnamento – che ovviamente insieme al verbale di identificazione e al CUI, verranno trasmessi al pubblico ministero tramite il portale-, detti verbali potranno essere redatti presso il luogo di identificazione sito fuori dal territorio, in modo da rilasciare copia del verbale all’indagato, oppure, trovandoci fuori dal territorio comunale e quindi privi di qualsiasi qualifica, ogni verbalizzazione dovrà essere rimandata una volta rientrati in ufficio di polizia locale?
Il quesito verte non tanto sull’obbligo di identificare l’indagato in conformità alle regole (in parte nuove) contenute nell’articolo 349 c.p.p. come risulta modificato a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, quanto sulla possibilità per gli agenti di polizia locale di raggiungere per il fotosegnalamento un luogo al di fuori della propria competenza territoriale e di redigere in quel luogo atti di polizia giudiziaria in piena legittimità.
Atteso che verosimilmente nessuno mai verrà a chiedere un sindacato di legittimità su atti predisposti in queste circostanze dalla polizia locale, attesa la ovvia genuinità dell’atto e l’assoluta inconferenza di obiezioni di questo tipo, per provare a dare una risposta ragionata e logica a questa (e ad altri similari interrogativi) occorre risalire alla legge-quadro 65/86 (o a specifiche leggi regionali di settore) ove è contenuta, seppur in via di ipotesi, una ragione logico-giuridica e normativa per fornire una risposta ragionevolmente attendibile.
Il punto di riferimento normativo non può, infatti, che essere la legge-quadro sull’ordinamento della polizia municipale 7 marzo 1986, n. 65, con riferimento particolare agli articoli 4 e 5.
Occorre cioè trovare un fondamento normativo di copertura allo svolgimento di attività di polizia giudiziaria con o senza arma in dotazione, fuori del territorio comunale.
Sul punto, in ordine alla possibilità di svolgere servizio fuori comune, l’articolo 4 comma 1, n. 4 lettera a, b e c) dispone quanto segue:
a) sono autorizzate le missioni esterne al territorio per soli fini di collegamento e di rappresentanza;
b) le operazioni esterne di polizia, d’iniziativa dei singoli durante il servizio, sono ammesse esclusivamente in caso di necessità dovuto alla flagranza dell’illecito commesso nel territorio di appartenenza;
c) le missioni esterne per soccorso in caso di calamità e disastri, o per rinforzare altri Corpi e servizi in particolari occasioni stagionali o eccezionali, sono ammesse previa esistenza di appositi piani o di accordi tra le amministrazioni interessate, e di esse va data previa comunicazione al prefetto.
Sono questi, dunque i casi, normativamente indicati, che consentono il legittimo svolgimento di attività di istituto fuori servizio ed è proprio all’interno di questi casi che va trovata la soluzione (o le possibili soluzioni) al quesito.
E, quindi, sono possibili più soluzioni:
in primo luogo, occorre verificare se, nel caso di specie possiamo trovarsi nella flagranza dell’illecito commesso, forzando un po’ l’analisi ermeneutica fino a far ricomprendere nella nozione di flagranza, qui non necessariamente ancorata al contenuto dogmatico dell’articolo 382 c.p.p., anche le operazioni di identificazioni, comprensive di fotosegnalamento, successive all’accertamento della flagranza di commissione dell’illecito. In questa ipotesi il preventivo contatto con il PM di turno è idoneo a risolvere ogni dubbio;
in secondo luogo, si può ritenere che nella nozione di “collegamento” così genericamente rappresentata nella lettera a), siano ricomprese anche attività di “collegamento” funzionali finalizzate, come nel caso di specie, al completamento di una attività di polizia giudiziaria che, per necessario ed inevitabile “collegamento”, deve svolgersi fuori del territorio comunale;
come terza, ma non ultima, opportunità – per la verità un po’ difficile da calzare al caso di specie – si propone la eventualità di dare comunicazione con email alla PEC istituzionale della prefettura (in conformità a quanto richiesto nella norma) che in quella occasione si intenderà svolgere servizio fuori comune per la mancanza all’interno del proprio di laboratori di fotosegnalamento. Previe intese è anche possibile ipotizzare una comunicazione generalizzata ad inizio anno per coprire ogni situazione del tipo di quella rappresentata nel quesito.
Al di fuori di questi casi non si intravedono altre soluzioni.
Ad aumentare l’esigenza di una interpretazione sistematica ma logica ed ancorata a dati normativi reali e, quindi, non troppo estensiva si ricorda che l’articolo 19-ter (Dotazioni della polizia municipale. Interpretazione autentica dell’articolo 5, comma 5, primo periodo, della legge 7 marzo 1986, n. 65) del D.L. 113/2018 in ordine ha offerto una interpretazione autentica dell’articolo 5, comma 5, primo periodo, della legge 7 marzo 1986, n. 65, che suggerisce prudenza.
Con tale norma si è stabilito che gli addetti al servizio di polizia municipale ai quali è conferita la qualifica di agente di pubblica sicurezza possono portare, senza licenza, le armi di cui possono essere dotati in relazione al tipo di servizio nei termini e nelle modalità previsti ai rispettivi regolamenti, nonché nei casi di operazioni esterne di polizia, d’iniziativa dei singoli durante il servizio, anche al di fuori del territorio dell’ente di appartenenza esclusivamente in caso di necessità dovuto alla flagranza dell’illecito commesso nel territorio di appartenenza.
Il consiglio comunque è di formulare un quesito scritto alla prefettura e alla locale Procura, ipotizzando le soluzioni sopra proposte.