Strutture stabilimenti balneari stagionali: è obbligatorio lo smontaggio a fine stagione?
Commento a sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VII, n. 1295 del 7/2/2023
22 FEBBRAIO 2023
Di Valeria Tarroni
Negli stabilimenti balneari, sono solitamente realizzate delle strutture di servizio (gazebi, cabine, pergolati, chioschi, pergotende, ecc.) in particolare funzionali alla somministrazione di cibi e bevande, che incrementano e caratterizzano l’attività turistico ricettiva delle nostre spiagge.
La loro realizzazione è contemplata all’ art. 6 del dpr 380/2001, comma 1, lett. e-bis), che include tra le attività di edilizia libera “le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, purché destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto, previa comunicazione di avvio dei lavori all’amministrazione comunale”. Le opere stagionali devono essere facilmente smontabili così da non determinare effetti permanenti sul territorio e sono dirette a soddisfare esigenze in un determinato periodo dell’anno ma ricorrenti generalmente ogni anno.
Non sono soggette ad alcun titolo edilizio, ma a una semplice comunicazione (non asseverata) di avvio dei lavori, nel rispetto, come indica la prima parte del comma 1 del citato art. 6, delle prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e delle normative di settore dell’attività edilizia, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio.
Quanto all’autorizzazione paesaggistica, per i manufatti stagionali in aree vincolate il dpr 31/2017 dispone all’allegato A voce A.28 che sono esclusi dall’autorizzazione “lo smontaggio e rimontaggio periodico di strutture stagionali munite di autorizzazione paesaggistica”, mentre sono soggetti a procedimento autorizzatorio semplificato, come indicato nell’allegato B alla voce B.26 “.…l’installazione di manufatti amovibili o di facile rimozione, consistenti in opere di carattere non stagionale e a servizio della balneazione, quali, ad esempio, chioschi, servizi igienici e cabine; prima collocazione ed installazione dei predetti manufatti amovibili o di facile rimozione aventi carattere stagionale”.
La sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VII, sentenza n. 1295 del 7/2/2023, affronta un caso molto interessante che, in via generale, stimola la seguente domanda “un manufatto che assolve ad usi stagionali ma permanenti nel tempo, comporta sempre la rimozione obbligatoria al termine di ogni stagione?”.
Il caso e la decisione
Un concessionario di suolo demaniale marittimo ove insiste uno stabilimento balneare, presenta istanza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica ordinaria (art. 146 del D.lgs. 42/2004), per la rimodulazione (a parità di volume e superficie) e per il mantenimento per l’intero anno solare di strutture esistenti e già autorizzate, a servizio dello stabilimento.
La Soprintendenza esprime parere favorevole alla rimodulazione delle strutture e parere contrario al loro mantenimento annuale. Di conseguenza il Comune rigetta l’istanza con riferimento alla permanenza annuale delle strutture stesse. Ne scaturisce un contenzioso che vede il Comune e la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici soccombenti sia al TAR (Puglia-Lecce, Sez. I, sentenza n. 2015/2017) e sia in appello con la decisione in commento. Per i giudici del TAR, sussiste l’obbligo di rimuovere i manufatti stagionali, in tutti i casi in cui (e solo in questi) la loro permanenza nella stagione invernale sia motivatamente ritenuta pregiudizievole per la conservazione dei valori ambientali e paesaggistici. Il provvedimento in tal caso, deve indicare le specifiche esigenze paesaggistiche suscettibili di essere salvaguardate soltanto con lo smontaggio delle strutture al termine della stagione balneare.
Non è sufficiente addurre l’alterazione permanente delle visuali panoramiche del contesto paesaggistico e l’artificializzazione del sistema naturale che conseguirebbe dal mancato smontaggio che non tiene conto che tale alterazione si verifica anche nel periodo estivo, ma occorre esplicitare in cosa consiste l’alterazione del contesto paesaggistico che si verificherebbe con l’occupazione continuativa delle strutture e quali sono le incompatibilità del progetto con i valori che si intendono tutelare.
Le ragioni di tutela dell’ambiente per la rimozione stagionale, devono quindi essere diverse ed ulteriori rispetto a quelle ritenute compatibili con l’esistenza dell’impianto nel periodo balneare. Il Consiglio di Stato con la citata decisione n. 1295/2023, richiamandosi al proprio precedente orientamento, indica principi che si ritengono di portata e di interesse generale.
L’esercizio di qualunque potestà pubblica, affermano i giudici di palazzo Spada, deve parametrare la ragionevolezza del sacrificio imposto al privato (nel caso di specie onerosa attività di rimozione stagionale dei manufatti) in relazione alla sua utilità per l’interesse pubblico perseguito (tutela ambientale e paesaggistica). Il Giudice amministrativo deve dunque valutare il percorso logico (non il parere tecnico) compiuto dalla Soprintendenza nel ponderare l’interesse privato con l’esigenza di tutela ambientale e paesaggistica, secondo i parametri di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità, elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia.
Per essere autorizzate le strutture balneari devono essere:
-
direttamente connesse all’uso balneare delle aree demaniali in concessione temporanea con destinazione commerciale;
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temporanee, dove la “temporaneità” dei manufatti è connessa direttamente alla temporaneità e non irreversibilità della destinazione commerciale dell’area delle attività balneari;
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facilmente rimuovibili, in modo da non lasciare ferite e alterazioni permanenti, suscettibili di pregiudicare la conservazione di un bene ambientate o di un bene pubblico, per garantirne la trasmissione alle future generazioni.
L’obbligo della rimozione stagionale è giustificato qualora la permanenza invernale del manufatto risulti specificamente dannosa per il paesaggio e per l’ecosistema e non ha invece ragione d’essere ove non siano dimostrati pericoli per l’ambiente e il paesaggio. L’orientamento della giurisprudenza sulla questione non è univoco. Lo stesso Consiglio di Stato stesso ne da atto nella sentenza in commento, a giustificazione della compensazione delle spese.
Una considerazione conclusiva
Se, da un lato, per dare certezza agli enti e agli operatori e per rendere effettiva la semplificazione sarebbe auspicabile che il legislatore indicasse criteri oggettivi e trasparenti per regolare la fattispecie in questione in modo da stabilire quando l’opera stagionale nell’uso può permanere nel tempo e quando invece deve necessariamente essere rimossa, dall’altro, è indubbio che si tratta sempre di una verifica che implica l’esercizio di un’attività di natura eminentemente discrezionale, attribuita alla Soprintendenza, che, come tale, non può essere inquadrata e disciplinata in modo tassativo in una disposizione normativa.
Essendo il livello di discrezionalità particolarmente ampio con pericolo di sconfinare nell’arbitrio, sussiste il dovere che la motivazione dei provvedimenti sia ampia, specifica, argomentata e che l’azione amministrativa si volga nel rispetto del principio di leale collaborazione tra amministrazione e privato.
Il Giudice amministrativo in un giudizio di legittimità, non può entrare nel merito tecnico della valutazione paesaggistio-ambientale di competenza esclusiva della Soprintendenza, ma può dedurre vizi di sviamento di potere, di difetto di istruttoria e di motivazione.
Il testo della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VII, sentenza n. 1295 del 7/2/2023 è visualizzabile sul sito:
https://www.giustizia-amministrativa.it
Note
[1] Lettera modificata dall’art. 10, comma 1, lett. c) della L. 120/2020 che ha aggiunto le opere stagionali a quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee e portato il termine per la loro rimozione da 90 a 180 giorni, comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio dei manufatti.
[2] Regolamento recante l’individuazione degli interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica (Allegato A) o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata (Allegato B).
[3] Espresso nella sentenza n. 1169 del 22/12/2022.
[4] Il Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 8169/2019, ha detto no al mantenimento di strutture a servizio dei lidi balneari, nonostante il Piano paesistico della regione Puglia non ponesse limiti di tempo e la legge regionale lo consentisse. Per la Corte di Cassazione, 3° Sez. Penale, sentenza n. 1772/2022, l'esistenza di un titolo pluriennale abilitante l’installazione di manufatti stagionali, esonera il concessionario dalla richiesta annuale, ma non esclude l';obbligo di rimuovere le strutture collocate sul suolo del demanio al termine della stagione estiva.