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Sanzioni disciplinari nel pubblico impiego: serve una segnalazione chiara e circostanziata per avviare il procedimento

La Corte di Cassazione, (Sez. Lav.), con la sentenza n. 13620 del 21 maggio 2025 afferma la decadenza se l’Ufficio disciplinare riceve solo informazioni generiche. Obbligatoria la valutazione concreta della condotta
 
 
 
 

9 GIUGNO 2025

La Corte di Cassazione, (Sez. Lav.), con la sentenza n. 13620 del 21 maggio 2025, interviene su un tema centrale nel pubblico impiego: la tempistica e la legittimità dell’azione disciplinare. I giudici chiariscono che il termine di 30 giorni per contestare l’addebito (ex art. 55-bis, comma 4, del D.lgs. 165/2001) inizia a decorrere solo dal momento in cui l’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD) riceve una notizia piena e circostanziata dell’illecito. Non hanno alcuna rilevanza, dunque, comunicazioni frammentarie o prive di dettagli indirizzate ad altri uffici dell’amministrazione.

La vicenda: tra illecito disciplinare e archiviazione penale


Il caso trae origine dal licenziamento senza preavviso di una dipendente pubblica, accusata di falsa attestazione della presenza in servizio (art. 55-quater, comma 1, lett. a). L’interessata ha impugnato il provvedimento contestando:
la tardiva apertura del procedimento, poiché già nel 2018 l’amministrazione aveva ricevuto comunicazioni sull’indagine, ma la contestazione è avvenuta solo nel 2021;
la mancanza di proporzionalità del licenziamento, visto che il GIP aveva archiviato il procedimento penale per tenuità del fatto (assenze per 5 ore e 39 minuti e timbrature anomale per una collega).

Proporzionalità: va valutata la condotta in concreto


La Cassazione respinge entrambi i motivi. In primis, ribadisce che la notizia dell’illecito deve essere circostanziata per far decorrere il termine decadenziale. In secondo luogo, afferma che la valutazione della proporzionalità della sanzione non può limitarsi a un giudizio astratto, ma deve basarsi su un’analisi concreta del comportamento del dipendente, tenendo conto anche del danno alla fiducia tra datore e lavoratore.
La falsa attestazione include anche le omissioni

Infine, la Corte precisa che la falsa attestazione della presenza non si limita alla manomissione dei sistemi di rilevazione, ma comprende qualsiasi comportamento idoneo a trarre in inganno l’amministrazione, come l’uscita dall’ufficio senza registrazione. Il procedimento disciplinare mantiene autonomia rispetto a quello penale: un fatto può essere disciplinarmente rilevante anche se penalmente irrilevante, salvo assoluzioni che escludano la materialità del fatto.