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Pagamenti PA: quei 30 giorni che contano per l’economia (e per l’Europa)

1 LUGLIO 2025

Entro 30 giorni. È questo il termine entro cui le pubbliche amministrazioni devono saldare le fatture commerciali ricevute, secondo quanto stabilito dalla direttiva UE 2011/7 e recepito nel nostro ordinamento dal d.lgs. 192/2012. Si tratta di una scadenza che, seppure con alcune eccezioni — come per gli enti del servizio sanitario nazionale o per contratti di natura particolare — non può comunque superare i 60 giorni.
Il rispetto dei termini non è solo una questione di regolarità formale, ma rappresenta un indicatore chiave di efficienza amministrativa e un volano per la salute del tessuto economico nazionale. La puntualità nei pagamenti, infatti, riduce le tensioni di liquidità per le imprese fornitrici e rafforza la fiducia verso la PA.

La Commissione europea monitora costantemente il comportamento dello Stato italiano, anche alla luce della procedura d’infrazione avviata per violazione dei termini e degli obiettivi del PNRR (Riforma 1.11). In questo contesto, il ruolo del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato è cruciale: attraverso la Piattaforma dei crediti commerciali (PCC), alimentata dalla fatturazione elettronica, da Sicoge e Siope Plus, viene tracciata l’intera filiera dei pagamenti pubblici.

L’elaborazione periodica dei dati raccolti consente di stimare il debito commerciale e di identificare le amministrazioni più virtuose (o meno). Per i dipendenti pubblici, ciò si traduce in una responsabilità operativa concreta: pagare nei tempi, per contribuire al buon nome della PA — e alla tenuta del Paese.