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Mancata trasmissione della relazione-questionario sul rendiconto

23 FEBBRAIO 2024

La mancata trasmissione, da parte dell’organo di revisione, delle relazioni-questionari sul rendiconto impedisce alla Corte dei conti di segnalare eventuali criticità e irregolarità che potrebbero compromettere gli equilibri economico – finanziari e la sana gestione finanziaria dell’ente: è quanto ribadito dalla Corte dei conti (Sez. reg. di contr. per la Regione Siciliana), nella deliberazione n. 16/2024/PRSE, depositata lo scorso 5 febbraio.

Non si tratta di una novità: già in precedenza, infatti, era stato evidenziato dai giudici contabili come “l’omessa compilazione della summenzionata relazione costituisce violazione di un preciso obbligo, compromettendo l’esercizio delle attività intestate alla magistratura contabile. L’inadempimento dell’organo di revisione potrebbe peraltro giustificarne la revoca da parte del Consiglio comunale ai sensi dell’art. 235, comma 2, del D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267; va infatti considerato che la Giunta e il Consiglio comunale devono vigilare sull’operato del revisore” (sez. reg. di contr. per la Regione Siciliana, delib. n. 46/2019; sez. reg. di contr. Lazio, delib. n. 24/2022/PRSE).

I giudici hanno ricordato, inoltre, che l’organo di revisione:

  • da un lato, assume la qualificazione di organo tecnico di controllo che somma su di sé obblighi e responsabilità della revisione, da svolgere in aderenza a precise regole giuridiche;
  • dall’altro, assume l’obbligo della prestazione non nell’interesse esclusivo del committente (l’ente locale) bensì nell’interesse pubblico alla sana e corretta gestione dell’ente. Depone in tal senso, la disposizione dell’art. 239 del TUEL (d.lgs. 267/2000), che ne suggella l’imprescindibile rapporto di collaborazione con la Corte dei conti, istituendo uno stretto raccordo sul piano soggettivo tra i controlli interni e quelli esterni relativi alla gestione. Il tutto in coerenza con il sistema dei controlli interni delineato dal d.l. 174/2012, che attribuisce all’organo di revisione una funzione neutra, a tutela ausiliaria di un interesse generale dello Stato ordinamento.

Il mancato invio delle relazioni di che trattasi, o il grave ritardo nella trasmissione delle stesse, costituisce, pertanto, grave violazione di un preciso obbligo di legge, suscettibile di compromettere lo svolgimento dei compiti intestati a questa magistratura contabile, vanificando lo scopo voluto dal legislatore di assicurare il rispetto degli obiettivi annuali fissati dal patto di stabilità interno, il vincolo in materia di indebitamento di cui all’art. 119, ultimo comma, della Costituzione, la sostenibilità dell’indebitamento, l’assenza di irregolarità, con il conseguente concreto rischio di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti e può produrre responsabilità di varia natura (in particolare, penale e disciplinare) in capo ai revisori inadempienti (sez. reg. di contr. per la Regione Siciliana, delib. n. 116/2020/PRSP).

In merito, il Consiglio di Stato, sez. V, con la sent. 9 maggio 2018, n. 2785, nell’escludere che la revoca dell’Organo di revisione sia un atto meramente discrezionale dell’Amministrazione adottabile ad nutum, ha avuto modo di evidenziare come la mancata presentazione della relazione alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall’art. 239, comma 1, lettera d), non costituisca l’unico presupposto legittimante di tale atto, posto che “tale fattispecie è indicata – non a caso dopo la precisazione normativa “in particolare” – soltanto al fine di individuare tra le varie possibili “inadempienze” dell’organo di revisione, quella che, a parere del legislatore, potrebbe, anche da sola, per la sua rilevanza e gravità, essere sufficiente a fondare il provvedimento sanzionatorio di revoca. In ragione di ciò, ogniqualvolta nello svolgimento dell’attività di collaborazione di cui all’art. 1 lettera a) del successivo art. 239, così come delle altre funzioni assegnate al revisore, questi incorra in “inadempienze”, anche diverse da quella tipizzata nell’art. 235, ne è legittima la revoca, con provvedimento adeguatamente motivato. Coerente con questa lettura del combinato disposto degli artt. 235 e 239 T.U.E.L. è l’art. 70 dello statuto del Comune […] laddove, riferendosi a “gravi motivi”, li collega all’influenza negativa sull’espletamento del mandato, di modo che le inadempienze rilevanti ai fini della revoca finiscono per identificarsi in condotte qualificabili in termini di gravità».