I parametri del processo di revisione delle partecipazioni
23 GIUGNO 2023
L’art. 20 del TUSP (d.lgs. 175/2016) dispone che il processo di revisione investe le seguenti tre macro-classi di società:
1) non riconducibili ad alcuna delle categorie previste dall’art. 4, commi 1, 2 e 3, del TUSP. Si tratta del requisito della stretta inerenza della partecipazione societaria alla missione istituzionale dell’ente pubblico socio (quale definita dalla legge o da atti di normazione secondaria da quest’ultima richiamati, in aderenza alla riserva relativa di cui all’art. 97, commi secondo e terzo, della Costituzione) e della riconduzione dell’oggetto sociale ad una delle tipologie elencate ai commi 2 e 3 (e successivi) del citato art. 4;
2) che non soddisfano i requisiti di cui all’art. 5, commi 1 e 2, prescriventi gli specifici obblighi motivazionali che deve contenere il provvedimento di costituzione o acquisto di una partecipazione societaria;
3) che ricadono in una delle ipotesi di cui all’art. 20, comma 2, disposizione in virtù della quale occorre valutare, oltre alle partecipazioni societarie che non rientrino in alcuna delle categorie elencate dall’art. 4 (lett. a), le società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore (lett. b), che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali (lett. c), che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro (lett. d), interinalmente ridotto, fino a tutto il triennio 2017-2020, a 500 mila euro (cfr. art. 26, comma 12-quinquies), che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti (lett. e), sempre che si tratti di società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio d’interesse generale), che necessitino di contenimento dei costi di funzionamento (lett. f) o di aggregazione (lett. g).
Circa la portata precettiva degli esposti parametri, come ricordato recentemente dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Liguria, nella delib. n. 69/2023/VSG, depositata lo scorso 31 maggio, la ricorrenza di uno di essi non obbliga, necessariamente, l’amministrazione pubblica socia all’adozione di provvedimenti di alienazione o scioglimento, ma impone l’esplicitazione formale di azioni di razionalizzazione anche differenti, soggette a verifica entro l’anno successivo (cfr. art. 20, comma 4, TUSP) ovvero di mantenimento. Gli esposti parametri legislativi obbligano, infatti, l’ente pubblico (“I piani di razionalizzazione… sono adottati ove…”) alla necessaria adozione di un programma di razionalizzazione, il cui contenuto può consistere, come esplicitato dal precedente comma 1 del medesimo articolo, in un “piano di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione”.
Di conseguenza, la ricorrenza dei parametri elencati nell’art. 20, comma 2, impone, in rapporto alla concreta situazione in cui versa l’ente pubblico socio (nonché delle relazioni intercorrenti con la società e con gli altri soci, pubblici o privati), l’adozione alternativa di provvedimenti di fusione (coerenti, per esempio, al caso in cui siano rilevate, ai sensi delle lett. c) e g), “partecipazioni in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali”), soppressione (necessari e coerenti al difetto di inclusione, ai sensi della lett. a), nel novero delle attività legittimamente espletabili da società pubbliche), liquidazione o cessione (in caso di partecipazioni non strettamente inerenti alle finalità istituzionali dell’ente o di impraticabilità, in presenza di uno o più parametri, di altre misure), differente “razionalizzazione” (come potrebbe accadere nel caso in cui ricorrano uno o più parametri indicati alle lett. b, d, e ed f), di motivato mantenimento (in termini, per esempio, sez. reg. contr. Marche, delib. n. 21/2018/PAR; sez. reg. contr. Lombardia, delib. n. 348/2017/PAR).