15 MARZO 2023
L’indicatore annuale di tempestività dei pagamenti, ai sensi dell’art. 9 del D.P.C.M. 22 settembre 2014, deve tendere ad un risultato negativo, in quanto lo stesso si misura in termini di ritardo medio di pagamento dalla data di scadenza, rispetto ai termini di legge, che, di norma, sono pari a trenta giorni, salvo diversa pattuizione tra le parti (massimo 60 gg): è quanto ribadito dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Marche, nella delib. n. 37/2023/PRSE, depositata lo scorso 23 febbraio.
Il rispetto delle tempistiche previste dalla legge per l’adempimento delle obbligazioni assunte dagli enti rappresenta un elemento fondamentale nell’ottica di una sana e prudente gestione del bilancio; nell’orizzonte della vigente disciplina, peraltro di derivazione comunitaria (cfr. Direttiva UE 2000/35/CE), in materia di tempestività dei pagamenti, l’art. 183, comma 8, del TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000) dispone che “al fine di evitare ritardi nei pagamenti e la formazione di debiti pregressi, il responsabile della spesa che adotta provvedimenti che comportano impegni di spesa ha l’obbligo di accertare preventivamente che il programma dei conseguenti pagamenti sia compatibile con i relativi stanziamenti di cassa e con le regole del patto di stabilità interno […]”.
La tempestività dei pagamenti risulta essenziale nei rapporti tra P.A. ed imprese: il tempestivo adempimento delle obbligazioni pecuniarie evita la formazione di ingenti masse debitorie scadute e non onorate nonché l’aggravio, per i bilanci degli enti, di interessi e spese legali, soprattutto quando ricorrono i presupposti che impongono il pagamento di interessi moratori (cfr. sez. reg. di contr. Calabria, delib. n. 113/2021/PRSP; sez. reg. di contr. Liguria, delib. n. 2/2021/PRSP).