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CCNL FUNZIONI LOCALI 2019-2021, le tipologie di progressioni verticali

Con l’entrata in vigore del CCNL Funzioni Locali 2022, gli enti locali possiedono due strumenti finalizzati alla valorizzazione delle professionalità interne all’ente: a) le progressioni verticali ordinarie; b) le c.d. progressioni verticali speciali. Analizziamo di seguito le due fattispecie

11 GENNAIO 2023

Con l’entrata in vigore del CCNL 16.11.2022, gli enti locali possiedono due strumenti finalizzati alla valorizzazione delle professionalità interne all’ente:

a) le progressioni verticali ordinarie (o a regime), previste dall’articolo 15 del CCNL;

b) le c.d. progressioni verticali speciali (o transitorie), previste dalle norme di prima applicazione, all’art. 13, commi 6 e 7, del CCNL.

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Analizziamo di seguito le due fattispecie.

Indice:

  1. Progressioni verticali ordinarie;
  2. Progressioni verticali speciali;
  3. Le differenze e le analogie tra le due procedure;
  4. Il trattamento economico.

Le progressioni verticali ordinarie

L’art. 15 del CCNL prevede che gli enti, nel limite massimo del 50% dei posti disponibili, possano effettuare progressioni tra le aree tramite una procedura comparativa effettuata su determinati elementi previsti dalla norma, che devono essere previamente disciplinati dai singoli enti.

La procedura comparativa si basa sugli elementi contenuti nell’art. 52, comma 1 bis, norma di riferimento, considerato che – come accennato nel paragrafo precedente – la materia dell’accesso è sottratta alla negoziazione delle parti ed è soggetta a disciplina unilaterale degli enti nel regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi (art. 89 del Tuel).

I requisiti di partecipazione alla procedura comparativa che dovranno essere previsti nel regolamento ed, eventualmente, dettagliati nell’avviso sono:

1) essere dipendente a tempo indeterminato dell’ente che indice la procedura: è opportuno che il regolamento preveda espressamente che il rapporto di lavoro a tempo indeterminato deve essere in corso al momento della presentazione dell’istanza, nonché al momento di scadenza dell’avviso e della proposta di contratto di lavoro da parte dell’ente, precisando, inoltre, se sono ammessi coloro che in quel momento sono assenti dal servizio nell’ente in quanto in posizione di comando/distacco/assegnazione temporanea/aspettativa/congedo;

2) essere inquadrati nella categoria immediatamente inferiore a quella a cui appartiene il posto da ricoprire: i dipendenti inquadrati in categoria A possono accedere alla categoria B; i dipendenti inquadrati nella cat. B (posizioni di accesso  B1 o B3) possono accedere alla categoria C; i dipendenti inquadrati nella categoria C possono accedere alla categoria D. Allo stesso modo, dal prossimo 1° aprile 2023, i dipendenti inquadrati nell’area degli operatori, potranno accedere all’area degli operatori esperti; i dipendenti inquadrati nell’area degli operatori esperti potranno accedere all’area degli istruttori; i dipendenti inquadrati nell’area degli istruttori potranno accedere all’area dei funzionari e della elevata qualificazione.

Non è pertanto ammesso il c.d. “doppio salto”, ma la progressione può avvenire solo per salti consecutivi (vedi Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 18 marzo 2010, n. 1604, Consiglio di Stato, Sez. III, 11/10/2016, n. 4188 e parere del ministero degli interni al link https://dait.interno.gov.it/pareri/12630  );

3) possedere una valutazione positiva conseguita negli ultimi tre anni in servizio, o comunque le ultime tre valutazioni disponibili in ordine cronologico, qualora non sia stato possibile effettuare la valutazione a causa di assenza dal servizio in relazione ad una delle annualità. A tale scopo, il sistema di misurazione e valutazione della performance vigente nell’ente dovrà specificare cosa si intende per “valutazione positiva” e il regolamento sulle progressioni specificherà se vengono conteggiate le valutazioni positive di eventuali periodi svolti a tempo determinato o presso altri enti. A tale proposito, si richiamano le sentenze del Tar Reggio Calabria n. 721/2022 e del Tar Puglia n. 1521/2022, che prevedono la possibilità di valutare le esperienze maturate a tempo determinato e come portavoce del Sindaco, mentre escludono quelle maturate nell’ambito di una convezione per la gestione associata, non essendo in tal ultimo caso l’ente titolare del rapporto di lavoro;

4) possedere l’anzianità di servizio richiesta: per poter partecipare alla procedura, occorre definire un tempo minimo di permanenza nella categoria di partenza, che non potrà essere inferiore ai tre anni, in considerazione del fatto che la valutazione per tre anni rappresenta uno dei requisiti di partecipazione.

Gli enti possono decidere di considerare l’eventuale periodo di permanenza nella categoria inferiore presso altra amministrazione o di considerare soltanto il tempo di permanenza nell’ambito dello stesso ente; infatti, secondo l’orientamento della Suprema Corte, il dipendente proveniente da mobilità o che sia stato funzionalmente assegnato ad altra amministrazione nel corso del periodo oggetto di analisi non ha un diritto soggettivo a che le valutazioni siano tenute in conto; il datore di lavoro è legittimato a valorizzare l’esperienza maturata alle proprie dipendenze, tenendola distinta da quella riferibile alla pregressa fase del rapporto di lavoro (Corte di Cassazione sentenza n. 13622/2020).

Nel regolamento, è opportuno anche precisare i cosiddetti profili professionali “propedeutici” al percorso di carriera, ossia quali profili appartenenti alla categoria inferiore possono partecipare alla procedura, che dovrebbero essere profili tra di loro omogenei. La revisione dell’ordinamento professionale potrebbe rappresentare l’occasione per disegnare i percorsi di carriera, ossia un assetto chiaro dei profili di provenienza e di destinazione per lo sviluppo professionale dei dipendenti;

5) non aver subito procedimenti disciplinari: ai sensi dell’art. 7, ultimo comma, dello Statuto dei Lavoratori, applicabile alle pubbliche amministrazioni in forza dell’art. 51, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001, non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione. Quindi, costituiscono impedimento a partecipare alla procedura di progressione soltanto le sanzioni disciplinari irrogate nei due anni precedenti; occorrerà stabilire il termine esatto da cui conteggiare i due anni a ritroso, che potrebbe coincidere con la scadenza del termine per la presentazione delle candidature. Come sappiamo, inoltre, le sanzioni disciplinari presentano diversi gradi di gravità e si distinguono in due macro aggregati, le sanzioni conservative e le sanzioni espulsive. Per il principio di proporzionalità, il regolamento potrebbe prevedere eventualmente che soltanto le sanzioni più gravi impediscano la partecipazione alla procedura e che le sanzioni più lievi (p.e. il rimprovero verbale e la censura) incidano sul punteggio finale ai fini del posizionamento nella graduatoria.

6) possedere il titolo di studio previsto per l’accesso dall’esterno per il posto da ricoprire: l’art. 52, comma 1 bis, più volte citato, tra gli elementi per la procedura comparativa prevede “il possesso di titoli o competenze professionali ovvero di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l'accesso all'area dall'esterno”, confermando implicitamente che, per la partecipazione, è necessario il titolo di studio minimo previsto dall’ordinamento professionale per la categoria/area, nonché l’eventuale abilitazione prevista per la specifica figura professionale da parte della legge. Il regolamento dei concorsi di ciascun ente dovrebbero contenere, in relazione ai diversi profili professionali del proprio ordinamento, i titoli di studio e/o abilitazioni richiesti, demandando eventualmente ai singoli bandi la possibilità di specificare ulteriori titoli sulla per specifiche professioni, sempre nel rispetto del principio di proporzionalità tra titoli culturali richiesti e professionalità da ricoprire (vedi Consiglio di Stato, sentenza 22 gennaio 2021, n. 676).

Una volta definiti i requisiti di partecipazione, vediamo quali sono gli elementi che concorrono alla determinazione del punteggio in graduatoria, elementi che il regolamento dovrà dettagliare rispetto ad una scala parametrica prescelta (ad es. in centesimi), definendone anche il peso relativo:

1) la valutazione positiva degli ultimi tre anni (ad es. 30/100 punti massimi);

2) il possesso di titoli professionali ulteriori rispetto a quelli previsti per il posto da ricoprire (ad es. l’abilitazione ad una professione) (ad es. 10/100 punti massimi);

3) il possesso di titoli di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per il posto da ricoprire, come ad es. un master, una scuola di specializzazione o un dottorato di ricerca (ad es. 10/100 punti massimi); si segnala la sentenza n. 15616 del 2022 del TAR Lazio, che ha stabilito che il diploma di laurea vecchio ordinamento/la laurea magistrale costituisce un titolo di studio superiore rispetto a quello utile alla semplice ammissione al concorso, rappresentato dalla laurea triennale;

4) il possesso di competenze professionali (ad es. 20/100 punti massimi), intendendosi per tali sia le competenze tecniche che le abilità che i comportamenti osservabili. Per l’accesso dall’esterno, il novellato articolo 35 quater, comma 1, lett. a), prevede obbligatoriamente l’accertamento, oltre che delle competenze tecniche, anche delle attitudini e dei comportamenti previsti dalla job description (descrizione del ruolo da ricoprire). Nel caso delle progressioni verticali, se il sistema è ben strutturato, trattandosi di personale già inserito da anni nell’organizzazione, tali competenze dovrebbero essere sintetizzate nel punteggio relativo alla valutazione della prestazione individuale del dipendente, che – tuttavia – nel sistema è considerata elemento ulteriore e non coincidente con le competenze professionali. D’altra parte, spesso la valutazione delle competenze comportamentali e delle abilità – che richiede a sua volta una conoscenza a monte di metodi e strumenti ad hoc -  viene svolta dal dirigente valutatore sulla base di euristiche che, in quanto tali, possono determinare distorsioni negli esiti finali; ecco allora che, alla valutazione di tre anni, l’ente potrebbe affiancare uno strumento rapido ma più rigoroso, quale, per esempio, la somministrazione di un assessment questionnaire, formulato da esperti di selezione, per approfondire almeno il possesso delle capacità ritenute più importanti (es. per verificare il possesso del controllo emozionale per posizioni che prevedono la relazione con il pubblico o la capacità di programmazione e controllo per le posizioni direttive);

5) il numero e la tipologia degli incarichi rivestiti (ad es. 10/100 punti massimi): il regolamento definisce quali incarichi possono essere oggetto di valutazione, come ad esempio gli incarichi per specifiche responsabilità (art. 84 bis) o di elevata qualificazione (art. 16) attribuiti e svolti nella categoria/area inferiore.

Le progressioni verticali speciali

Come già detto, la contrattazione collettiva non può occuparsi di disciplinare l’accesso all’impiego e quindi nemmeno le progressioni verticali, che rimangono prerogativa di legge. Tuttavia, il comma 1 bis dell’art. 52 del d.lgs. 165/2001, oltre ad introdurre le progressioni verticali c.d. ordinarie, prevede che, in sede di revisione degli ordinamenti professionali, i contratti collettivi nazionali di lavoro di comparto per il periodo 2019-2021 possano definire tabelle di corrispondenza tra vecchi e nuovi inquadramenti sulla base di requisiti di esperienza e professionalità maturate ed effettivamente utilizzate dall'amministrazione di appartenenza per almeno cinque anni, anche in deroga al possesso del titolo di studio richiesto per l'accesso all'area dall'esterno.

La norma demanda, pertanto, alla contrattazione collettiva nazionale – nonostante la previsione di cui all’art. 40 del d.lgs. 165/2001 - la facoltà di operare, in via eccezionale, soltanto in sede di revisione dell’ordinamento professionale, un reinquadramento del personale “sulla base di requisiti di esperienza e professionalità maturate ed effettivamente utilizzate dall'amministrazione di appartenenza per almeno cinque anni, anche in deroga al possesso del titolo di studio richiesto per l'accesso all'area dall'esterno.

Ecco allora che, nelle norme di prima applicazione (art. 13) del CCNL 16.11.2022, vengono inseriti i commi 6 e 7, che danno la facoltà agli enti, nell’arco di un periodo molto più ampio di quello che pare suggerire la norma (ossia dal 1° aprile 2023 fino al 31 dicembre 2025), di dare attuazione al comma 1 bis dell’art. 52, ossia di dar corso a progressioni tra le aree con procedure valutative a cui sono ammessi i dipendenti in servizio in possesso dei requisiti indicati nella tabella C di corrispondenza allegata al Contratto (vedi allegato). In sostanza, si prevede la possibilità di derogare al titolo di studio previsto per l’accesso dall’esterno, a condizione che il dipendente sia in possesso di una anzianità più elevata rispetto a quella richiesta ordinariamente: per coloro che sono in possesso del titolo di studio previsto per l’accesso dall’esterno, l’anzianità richiesta è di almeno 5 anni; per i dipendenti che non sono in possesso del titolo di studio previsto per l’accesso dall’esterno è prevista l’anzianità di almeno 8 anni nell’area di provenienza (o di altra analoga maturata in eventuali altri comparti) per il passaggio da quella degli operatori esperti a quella degli istruttori, mentre per il passaggio dall’area degli istruttori a quella dei funzionari/elevate qualificazioni viene richiesto il possesso di almeno 10 anni nell’area di provenienza (o di altra analoga maturata in eventuali altri comparti).

In questo caso, a differenza delle progressioni ordinarie, i criteri per l’effettuazione di tali procedure valutative sono oggetto di confronto con i soggetti sindacali, sulla base dei seguenti elementi di valutazione, a ciascuno dei quali deve essere attribuito un peso percentuale non inferiore al 20%:

1) esperienza maturata nell’area di provenienza, anche a tempo determinato: dal dato letterale, questo requisito pare essere riconducibile alla mera anzianità, senza un aggancio specifico al profilo professionale di provenienza, in quanto riferita a tutta l’area/categoria inferiore; si consideri, tuttavia, il recente parere Aran CFC103a ;

2) il titolo di studio;

3) le competenze professionali: su tale requisito, si è espressa l’Aran in riferimento alla disciplina contrattuale del comparto Funzioni Centrali con parere CFC102a, applicabile per omogeneità di contenuti anche alle Funzioni Locali.

L’Aran ritiene che, per la valutazione delle competenze professionali nel regime transitorio, possa essere preso in considerazione l’utilizzo, anche congiunto, dei seguenti elementi:

  • Valutazione delle competenze espresse in ambito lavorativo basata sulle risultanze della valutazione della performance (anche su più anni): la competenza acquisita coincide qui con le valutazioni della performance di un certo periodo, che in sede di confronto dovrà essere definito in un certo numero di anni;
  • Valutazione effettuata attraverso metodi che facciano emergere le competenze, le capacità e lo stile comportamentale che le persone mettono in atto sul lavoro (ad es. tecniche di assessment);
  • Valutazione dell’accrescimento delle competenze professionali effettuata al termine di percorsi formativi aperti a tutti i candidati alla progressione verticale: potrebbero, pertanto, essere valutati percorsi formativi a cui tutti i candidati hanno partecipato, e che abbiano superato almeno un test di apprendimento finale. Si consideri, comunque, che il superamento dei test di apprendimento possono attestare l’accrescimento delle competenze tecniche ma non l’acquisizione della capacità di tradurre le nozioni in saper fare, e quindi in miglioramento della propria attività lavorativa (impatto della formazione);
  • Valutazione riferita alle certificazioni di competenze possedute dagli interessati, rilasciate da soggetti esterni abilitati a certificare competenze (es. linguistiche o informatiche).
  1. Le differenze e le analogie tra le due procedure

Sulle differenze e sulle analogie tra le due procedure, è intervenuta l’Aran con proprio parere CFC81 (vedi allegato), redatto di concerto con il Dipartimento della Funzione Pubblica e la Ragioneria Generale dello Stato. Il parere è stato rilasciato in riferimento al CCNL Funzioni Centrali, ma è applicabile anche agli enti locali.

Per quanto riguarda le differenze, possiamo così riassumerle:

  • Requisiti, criteri selettivi e relazioni sindacali:

Per la procedura a regime, i requisiti sono quelli determinati dalla legge, ossia dall’art. 52, comma 1 bis, del d.lgs. n. 165/2001; i criteri selettivi sono quelli previsti sempre dall’art. 52, comma 1 bis e dall’art. 15 del CCNL (valutazione positiva degli ultimi tre anni, titoli e competenze professionali, titoli di studio ulteriori rispetto a quello per l’accesso, numero e tipologia di incarichi rivestiti). Su tali criteri, non è previsto alcun confronto sindacale.

Per la procedura transitoria, i requisiti sono, invece, determinati dalla tabella C del CCNL (titolo di studio e esperienza); i criteri selettivi generali sono quelli previsti dall’art. 13, comma 7, del CCNL, e ciascuno di essi deve pesare almeno il 20%, mentre i criteri più specifici, nonché i pesi loro attribuiti, sono definiti dagli enti previo confronto con gli organismi sindacali.

  • Finanziamento:

Le progressioni verticali a regime solo finanziate esclusivamente dalle facoltà assunzionali.

Le progressioni transitorie hanno, invece, una specifica fonte di finanziamento (lo 0,55% del monte salari 2018, come previsto dall’art. 1, comma 612 della legge n. 234 del 30 dicembre 2021), ma possono, in aggiunta, essere anche finanziate dalle facoltà assunzionali.

Il parere Aran ricorda che l’utilizzo di tutte le facoltà assunzionali per le progressioni verticali (sia a regime che transitorie) è possibile nella misura massima del 50% del fabbisogno, mentre lo 0,55% - in quanto finanziamento specifico destinato dalla legge di bilancio 2022 alla prima applicazione del nuovo ordinamento – può essere destinato integralmente alle progressioni verticali.

Per quanto riguarda le analogie, possiamo così riassumerle:

  • Procedura:

Entrambe le tipologie di progressione prevedono l’emanazione di un bando, una domanda di partecipazione da parte del dipendente, una ammissione alla procedura dopo la verifica dei requisiti, una fase di attribuzione dei punteggi, la stesura di un ordine di merito tra i candidati e la conseguente individuazione di coloro che conseguono la progressione verticale. Ricordiamo che la graduatoria derivante da progressione verticale non si può scorrere, e la procedura deve essere ripetuta per ulteriori assunzioni dall’interno negli anni successivi.

È stato osservato che la procedura a regime viene qualificata come “comparativa”, mentre quella transitoria come “valutativa”, rilevando il maggior grado di “discrezionalità” presente nella prima rispetto alla seconda, essendo quest’ultima ancorata a parametri più oggettivi e predeterminati. Si sottolinea, tuttavia, che entrambe le procedure presentano la componente legata alla valutazione delle competenze professionali: pertanto, il peso sul punteggio complessivo della componente non strettamente legata al possesso di titoli, ma all’osservazione e misurazione delle competenze con strumenti e metodi ad hoc, è soggetta all’autodeterminazione dell’amministrazione (per la procedura a regime), previo confronto con gli organismi sindacali (per la procedura transitoria);

  • Programmazione:

entrambe le progressioni devono essere previste nel piano dei fabbisogni (oggi confluito nel Piao), con indicazione della professionalità per la quale si manifesta il bisogno;

  • Rispetto del principio per il quale una percentuale almeno pari al 50% del personale reclutato con le ordinarie facoltà assunzionali sia destinata all’accesso dall’esterno, sulla base di quanto previsto dall’art. 52, comma 1 bis, del d.lgs. n. 165/2001.

Il fatto che Aran abbia fatto riferimento alle “ordinarie facoltà assunzionali” ha insinuato il dubbio che le procedure transitorie finanziate con lo 0,55% del monte salari 2018 possano essere svolte anche senza il rispetto del principio sopra enunciato di adeguato accesso dall’esterno. Si ritiene che, nelle more di pareri autorevoli in merito, anche tali procedure debbano prudenzialmente rispettare il principio dell’adeguato accesso dall’esterno, essendo lo stesso principio di rango costituzionale a tutela della garanzia di accesso dei cittadini ai pubblici uffici e non intaccabile da norme riguardanti gli aspetti finanziari delle procedure.

  1. Il trattamento economico

Al dipendente “vincitore” della procedura valutativa o comparativa viene attribuito lo stipendio tabellare della nuova area successivamente acquisita per effetto della progressione verticale.

Sulla base dell’art. 15, comma 3, del CCNL 16.11.2022, i differenziali stipendiali conseguiti nella categoria/area inferiore cessano di essere corrisposti, fatta salva l’attribuzione dell’assegno ad personam nel caso in cui il trattamento economico iniziale della categoria/area di nuovo inquadramento sia inferiore a quello sino a quel momento conseguito nella categoria/area inferiore; tale assegno ad personam verrà poi riassorbito con le future progressioni economiche che verranno conseguite nella nuova area (parere Aran CFL181).

Analoga disposizione era prevista nel CCNL 21.5.2018, all’art. 12, comma 8. Con parere CFL180, l’Aran ha chiarito che, se tale assegno riguarda  progressioni verticali fatte nel triennio 2019-2021 del CCNL 21.5.2018, fermo restando che si riassorbe con future progressioni orizzontali, lo stesso deve essere aggiornato con i valori a regime della Tabella E del CCNL 16.11.2022, i quali rideterminano con decorrenza 1.1.2021 gli stipendi tabellari.

L’art. 15, comma 2, secondo periodo, del CCNL 16.11.2022 prevede, inoltre, che il dipendente che transita nell’area superiore conserva la retribuzione individuale di anzianità (RIA).